Cronaca locale

Per la strage di via Brioschi l'ergastolo «è eccessivo»

Cristina Bassi

«Rabbia e vendetta» hanno portato Giuseppe Pellicanò a far saltare in aria l'appartamento della sua famiglia in via Brioschi il 12 giugno 2016. Non una reale e profonda depressione, né una infermità mentale. I giudici della Corte d'assise d'appello, nelle motivazioni della sentenza pronunciata lo scorso ottobre, confermano nella sostanza il contesto in cui è maturata la strage con tre vittime: la moglie di Pellicanò, Micaela Masella che da tempo intendeva lasciarlo, e i due giovani fidanzati vicini di casa, Chiara Magnamassa e Riccardo Maglianesi. In secondo grado però la pena è stata ridotta dall'ergastolo, comminato dal gup nel giugno 2017, a trent'anni di carcere.

«L'ideazione della strage - scrivono i giudici - sicuramente anche delle figlie (le due bambine rimaste gravemente ustionate nell'esplosione, ndr) che si trovavano nell'appartamento» è «certamente legata a motivi di rabbia e vendetta». La conferma: Pellicanò non ha mai speso «una parola di rimorso o di pentimento per l'uccisione della compagna», vero obiettivo del suo gesto terribile. Tuttavia è arrivata la riduzione della pena. «Nonostante i corretti parametri di valutazione indicati dal giudice» di primo grado, spiega la Corte d'assise d'appello, la condanna di cinque anni e sei mesi per il reato «secondario» di devastazione era «eccessiva». I giudici di secondo grado la abbassano a cinque anni, in quanto «il reato di devastazione è stato comunque conseguenza diretta di un'unica azione individuale posta in essere dal solo Pellicanò». In questo modo, essendo sotto il limite stabilito dalla legge, la pena aggiuntiva non fa scattare l'isolamento diurno che si era sommato all'ergastolo.

A cascata, l'ergastolo «semplice» scende a trent'anni per effetto dello sconto previsto dal rito abbreviato.

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