Cronaca locale

Sudore e guantoni, la boxe torna di moda

La boxe, sport sudato e un po' dimenticato, torna di moda. Non quello delle riunioni che un tempo facevano il pienone al palalido: ci sono sempre meno campioni e ci sono anche meno tifosi. Ma la nobile arte è viva, eccome. E basta farsi un giro nelle palestre della città per rendersene conto e per stupirsi un po perché sono affollate e non solo dagli uomini che fanno i guanti ma sempre più anche dal sesso più gentile.
Ma prima regola del Fight Club, non si parla del Fight Club. Parafrasando un film culto per quelli che fanno a pugni (ma soltanto per sport) e che dopo averlo visto e rivisto da spettatori - per fortuna passivi - sentono che è arrivato il tempo di salire sopra un ring. Più che mai alla ricerca dello stato di natura hobbesiano. Sul serio e a Milano si può fare. «Vedete, un film non sta tutto su un'unica bobina», recita la voce fuoricampo della pellicola diretta nel 1999 dall'americano David Fincher, «ce ne sono diverse; perciò deve esserci qualcuno per cambiare proiettore nel momento esatto in cui finisce una bobina e ne comincia un'altra».
E se lo girassimo a Milano, questo film con autentiche regole e giusta celebrazione della nobile arte dei guantoni, avremmo davvero di che divertirci perché «la scena» può cambiare dove finisce una palestra di boxe e ne inizia un'altra.
Così a Milano si può scegliere perché, volendo, su quel ring piuttosto che in quell'altro spogliatoio, a quel sacco o a quella «pera», s'è consumata un po' di storia. Della boxe milanese.
Quella storia che ci faceva correre alla vecchia Fiera di Milano. Erano gli anni Sessanta. Poi in fila all'ingresso con pochi appassionati al Palalido: per l'ultimo match del vogherese Giovanni Parisi. E più di recente ad Assago, con il biglietto per le World Series of Boxing (Wsb) a fare il tifo in un ambiente forse un po' meno ruspante del solito, per il grande Clemente Russo e i suoi Thunder. Come in un film. Del resto. Ma tutto sempre per una riunione di pugilato. Da ricordare per tanti anni. A Milano.
Gli anni che cambiano non sembrano dunque aver svuotato del tutto le palestre che insegnano a tirare pugni. Ad allenare l'agilità, saltare la corda, muoversi sulle punte. E via con un sinistro-destro-sinistro.
Certo, la nobile arte si è ammodernata, ma fra kick boxe e savate, arti marziali e fit-boxe che imperversa, i ring tornano ad essere animati e ci si può divertire, non per forza pensando al professionismo. Che si tratti di uomini o donne, poco cambia. Per sudare in gruppo oppure assieme allo sparring partner. Per stare bene, sì. Il traino poi sono loro, i maestri e i loro campioni, che con le loro (a volte rare) apparizioni fanno la differenza e rendono speciale una palestra «che se puzza un po' di sudore allora vuol dire che è proprio vera».
Si potrebbe iniziare dalla gloriosa Doria, quella che ha visto sudore e gioie (a partire dal 2004) di Giacobbe Fragomeni, Campione Italiano ed Europeo di pugilato dilettanti, oggi grande professionista ha conquistato poi perduto il Titolo Mondiale WBC dei Cruiser. Per continuare alla Boxesir di via Cilea, sottotitolo Fun&Fight Club, dove Walter Brambilla ha lanciato qualche anno fa il corso di autodifesa «Una carezza in un pugno», ideato dall'Associazione Quei Bravi Ragazzi e la Provincia di Milano, un corso di preparazione alla difesa dedicato in paticolar modo alle donne. E dove è attivo il progetto «Sport e Sviluppo» rivolto in questo caso agli adolescenti guidati dal maestro Stefano Stradella.
E passare alla Boxe Ursus di viale Umbria, ben 49 anni di pugni, con Francescco Cucinella, i Maestri Angelo Pomè e Serse Giandini, o lo scomparso Gianfranco Manfrini, dove si praticano oggi anche la kick boxing, la boxe tailandese e il valetudo, disciplina che permette l'uso di diverse tecniche. O all'Accademia della boxe di via Melzo, quella di Carlo Di Blasi, colui che ha portato la kick a Milano. Sala affollata. Corsi pieni e densi di passione come quello di Salvatore «Cicca» Ciconte (ex campione europeo di kick).
Stessa aria dove ha iniziato, e aveva 17 anni, Renato De Donato, il pugile di via Padova che oggi si allena alla Thunder e lo scorso 12 ottobre ha difeso il titolo italiano dei superleggeri contro Di Feto, nel palazzetto esaurito di Segrate. E dopo pochi giorni si è anche laureato all'Università Statale di Milano in «Scienza, tecnica e didattica dello sport». Dopo 5 anni di studi e una tesi ad hoc sulla boxe che gli è valsa il voto massimo di 110 e lode.
Fra un club e l'altro, insomma, Milano ha tesserato 743 pugili concentrati fra capoluogo e provincia con ben 25 società milanesi su 74 lombarde. A Milano, insomma, se è la vostra prima sera al Fight Club, dovete solo combattere.

Meglio se nel posto giusto.

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