Cronaca locale

«Tagli, cronici e ricerca la sanità pubblica regge solo se guarda al futuro»

L'assessore regionale ai medici a congresso: «Non privatizzare? Giusto, ma riformiamo»

(...) Rispetto al Pil lombardo siamo al 5,5-5,7%. Poco».

Insomma i cambiamenti non sono la causa di una crisi della sanità pubblica, ma una possibile risposta?

«Quando Rossi evidenzia questo rischio ha ragione. Da molti anni la sanità non è una priorità dei nostri governi. Quindi è vero che c'è un problema. A fronte di ciò, qualcuno cerca di rispondere. Il welfare aziendale, per esempio, è virtuoso, non è di per sé negativo».

La sanità è privatizzata?

«Se non investi, costringi i cittadini a pagare di tasca propria. Ed è preoccupante. Evidenziato questo, occorre reagire. Ed è positivo che una voce autorevole lanci un allarme. Io condivido, ma bisogna capire qual è il contesto e dare risposte. Reagire. Chiedere e ottenere maggiori risorse intanto, ma anche capire che i bisogni sanitari sono mutati, mettere in campo riforme».

I costi sono enormi.

«Il costo della farmaceutica cresce ed è cresciuto. La ricerca dà grandi risultati, abbiamo macchinari che usano l'intelligenza artificiale. Sistemi molto più efficaci ma anche molto più costosi. I farmaci per l'epatite C, è vero, sono costosi, ma molto efficaci. La spesa farmaceutica continuerà a crescere, noi lavoriamo sul contenimento dei costi. Abbiamo una centrale di acquisti. Nella gara sui dispositivi per diabetici, base 150 milioni, ne abbiamo risparmiati 70».

La sanità cura meglio, in un Paese in cui si vive sempre più a lungo, per fortuna...

«Il tema della cronicità. Non possiamo più dare tutto a tutti al di là delle evidenze scientifiche. Non si possono fare controlli solo per assecondare le ansie de paziente. Fare tre check-up all'anno non ha senso. E un polipatologico con tre specialisti? Il paziente va anche guidato e governato. Le risorse non sono infinite, i costi sempre crescenti, allora dobbiamo guardare alla sanità del terzo millennio».

Indietro non si torna.

«La sanità costava tanto e la gente moriva prima. Pensiamo ai diabetici o all'ipertensione, malattie croniche della società del benessere. Un iperteso che prende una pastiglia vive tranquillo, se non la prende in 5 anni ha il 50% di possibilità in più di avere l'ictus. C'è bisogno del medico che verifichi. I diabetici costano da 600 milioni e 1,3 miliardi. Si passa dalla cura al prendersi cura».

Il presidente dell'Ordine dei medici sostiene che si fa sempre meno prevenzione.

«Facciamo molto, dobbiamo fare sempre più, ma lavoriamo molto sugli stili di vita, molto anche nelle scuole».

Prendersi cura è la filosofia della riforma lombarda.

«Se consentiamo a ognuno di fare ciò che vuole il sistema non regge più. Non si fa ciò che si vuole ma quando serve, affidandosi alla competenza e al ruolo al medico. Alla riforma stiamo lavorando. I numeri dei pazienti che cita Rossi si riferiscono alle prime settimane. Il dato è molto cresciuto. Siamo a più del 10% dei patti sottoscritti. Abbiamo previsto di pagare i medici che fanno il Pai (il Piano di assistenza individuale, ndr). Abbiamo aperto un tavolo proficuo con gli Ordini e c'è un testo condiviso che puntualizza e definisce meglio il ruolo dei medici. Quindi io condivido l'allarme sulla sanità universalistica, la necessità di trovare più risorse e di far saltare certi tetti, ma dico che bisogna riorganizzare e guardare avanti con un nuovo approccio».

Sui tetti, l'autonomia regionale potrebbe aiutare?

«Certo, non esiste che abbiamo gli stessi tetti di altri. Per esempio per gli infermieri. Potremmo fare molto di più senza certi limiti. Comunque se non vogliamo che la sanità diventi privata dobbiamo lavorarci, non tornare indietro. Non è una visione economicista ma di efficienza».

La Lombardia cerca strade nuove, come altri Paesi.

«L'Europa si sta interrogando su questo, su una sanità in una società che invecchia. Abbiamo vinto un premio importante, siamo considerati fra i migliori. Il vice ministro saudita è venuto a studiare il nostro modello. Questa è la vera sfida del futuro. Se vogliamo salvare il sistema universalistico, e io e Rossi vogliamo farlo, dobbiamo guardare aventi».

Alberto Giannoni

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