Cronaca locale

Tasse raddoppiate e spese: l'inutile rapina della sinistra

Pisapia aveva promesso che non avrebbe "assolutamente" toccato i tributi. La sua maggioranza li ha aumentati del 116%. E ha bruciato 250 milioni

Tasse raddoppiate e spese: l'inutile rapina della sinistra

Una «rapina», con scarsa destrezza. Difficile archiviare diversamente le scelte della sinistra alla prova del Bilancio comunale. Un'azione amministrativa, infatti, la si può anche ricamare con la fuffa dell'ideologia e del politicamente corretto, ma non per molto. I cittadini, le imprese e alla fine anche i politici - prima o poi - tirano le somme. E lo fanno soprattutto sulla più qualificante delle scelte: quanti soldi hai chiesto in tasse? Come li hai impiegati? È su questo, a metà mandato del sindaco, Giuliano Pisapia, che si misura il fallimento del centrosinistra milanese.

Non che si tratti di una sorpresa, anzi. In campagna elettorale il Pdl (anche con la sua candidata sindaco, Letizia Moratti, ma non solo) aveva avvertito: «Pisapia aumenterà le tasse». E l'interessato lo aveva escluso in modo categorico: «È assolutamente falso che aumenterò le tasse», disse. Negli Stati Uniti qualche presidente si è giocato la Casa Bianca per aver disatteso un impegno del genere. L'impressione oggi è che la regola, con relativa sanzione, possa valere anche per Palazzo Marino. Certo, il centrosinistra (è giusto ricordare che sono il Consiglio e la giunta a decidere, non certo il sindaco in solitario) può invocare un'attenuante: i minori trasferimenti, ma i numeri dimostrano che non basta. Secondo i dati forniti dall'opposizione - e a quanto risulta non smentiti - il prelievo fiscale dal 2010 al 2013 è aumentato di 735 milioni di euro (fra addizionale Irpef, Imu-Ici, Tarsu-Tares, Cosap e tassa di soggiorno). Praticamente, secondo i consiglieri comunali della minoranza, è più che raddoppiato: +116%. I trasferimenti statali, nel frattempo, si sarebbero ridotti di 480 milioni. Tanto, certo, ma molto meno dell'aumento fiscale complessivo. La differenza sono circa 250 milioni: prelevati dalle tasche di cittadini e imprese e finiti nell'idrovora della spesa corrente incontrollata (senza contare Area C e gli aumenti Atm). Dunque è il classico «tassa e spendi», applicato oltretutto maldestramente. Fin troppo facile ora andarsi a rileggere il programma del 2011, con quella promessa generica e subito tradita: «Si privilegerà il prelievo sull'utilizzo/consumo della città, rispetto al prelievo sui redditi», recita la voce «entrate» del capitolo «Bilancio municipale».

Eppure già nel 2011 l'assessore al Bilancio, Bruno Tabacci, spiegava che avrebbe aumentato le tasse perché «non posso mica rapinare una banca». E infatti hanno «rapinato» (idealmente) i cittadini. Non c'erano alternative? Sbagliato: si poteva (e si può) privatizzare. Lo dice qualcuno (pochi) anche a sinistra. Il fallimento più cocente, per Palazzo Marino, è aver fatto pagare di più (tanto) anche ai pensionati e a fasce di cittadini non certo ricchi. Parliamo di centinaia di migliaia di persone. E questo, fatalmente, avrà un prezzo politico-elettorale non irrilevante. Già se ne intravedono i primi effetti. Non solo, infatti, sono scomparsi dalla scena i grandi sponsor borghesi e centristi dell'allora candidato Pisapia; non solo sono introvabili vip e presunti tali che erano saltati sul carro del vincitore nel 2011. Per la sinistra il vero rischio è di veder evaporati, in pochi mesi, centinaia di migliaia di voti.

E questo smottamento non riguarderà solo Pisapia, ma chiunque altro (o altra) volesse prendere il suo posto, fosse pure da rottamatore.

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