Cronaca locale

Torna il «pm» Forse Bettino ora può avere l'onore delle armi

di Luca Fazzo

Gherardo Colombo si insedia nel palazzo che fu il quartier generale di Craxi: sono passati ventitrè anni, sette mesi e dodici giorni da quando firmò l'avviso di garanzia che segnò l'inizio della fine per il leader socialista. Ma nello stesso palazzo si insedia anche l'assessore radicale Lipparini, voluto dallo stesso sindaco che ha voluto Colombo, e dice che lui una via a Craxi la intitolerebbe. E così, per l'ennesima volta, la coincidenza dei nomi e dei luoghi costringe a ragionare su quanto di ciclico, di ricorrente, ci sia nell'anima milanese. E quanto, nelle tumultuose mutazioni di oggi, ancora quell'anima possa e debba sopravvivere.

Milano non è mai stata una città vendicativa, perché non si è mai affidata nelle mani di un Masaniello pronto a deluderla e a fare una brutta fine. Persino il conte Balza, il «canagliesco arnese dell'Austria» venne risparmiato ai tempi delle Cinque Giornate. Si potrebbe discettare a lungo se sia espressione di una bontà di fondo, la Milan coeur in man che accoglieva gli immigrati; o se dietro c sia anche un pragmatismo disincantato, la convinzione che dentro l'agire umano convivano i meriti e i peccati, e che la vita civile debba ricevere dai suoi membri le conseguenze inevitabili degli uni e degli altri.

Nell'ufficio di Craxi in piazza Duomo passavano meriti e peccati. Passavano le tangenti sul metrò e la modernizzazione del paese, i soldi per Solidarnosc e quelli per le attricette. Da che parte penda la bilancia, è tema su cui si discute dal pomeriggio di Hammamet in cui Bettino rese l'anima. Ma oggi, a ventitrè anni e sette mesi eccetera dall'avviso di garanzia firmato da Colombo e dal resto del pool, servirebbero robusti paraocchi per negare che quell'indirizzo abbia ospitato un tentativo coraggioso di rompere una lunga serie di sudditanze, interne ed internazionali. Certo, ospitarono anche le mazzette. Ma le mazzette circolano oggi, e non le bilancia un progetto politico degno di questo nome.

La rimozione obbligata di Bettino Craxi dalla storia della città è una vendetta postuma che non appartiene all'animo di Milano (grillini a parte) e non le fa onore. Che oggi sia Lipparini, da quello stesso indirizzo, a dissociarsi da questo esilio postumo è un segnale importante.

E chissà se dentro di sé anche Gherardo Colombo non pensi che Craxi era quello che era, ma che dopo di lui ne sono venuti di peggio.

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