Cronaca locale

Del Toro tra forme e labirinti Viaggio nel cinema da Oscar

Il vincitore di 4 statuette per «La forma dell'acqua» è protagonista di una retrospettiva sulla sua opera

Stefano Giani

Il mondo di Guillermo Del Toro è fatto di suggestioni e fantasia. Ma spesso diventa qualcosa in più. E sfocia nella fantascienza, da sempre però il genere in cui il regista messicano, recente vincitore di quattro Oscar con La forma dell'acqua, è meno a suo agio. Il suo terreno più fertile cresce all'ombra del fantasy che non è mai solo astrazione come viene dimostrato da Il labirinto del fauno, condito dal dramma e un alone di horror, ambientato ai tempi della guerra civile spagnola come La spina del diavolo.

E non è un caso se i tre titoli citati rappresentano le sue opere migliori. Con l'aggiunta di Cronos e la sua ambientazione ondeggiante tra passato e presente. Dal 1530 dell'alchimista Umberto Fulcanelli al Novecento dell'antiquario Jesùs Gris, alle prese con la statua di un arcangelo che nasconde nel basamento un meccanismo di 450 anni prima. Proprio questo miracoloso ingranaggio innesca ricerche convulse. Rincorse. Miracoli. E morti misteriose.

Non solo fantasy, però. E nella retrospettiva che da ieri la Cineteca dedica a Del Toro ecco comparire la filmografia d'azione con Hellboy e Mimic dove la Storia la fa ancora da padrona. Nel primo è il rituale magico di un gruppo di nazisti a dar vita a una creatura demoniaca inquietante, prima di trasformarsi in un eroe da tempi moderni. I riferimenti alla cinematografia tedesca, seppur remoti, restano sullo sfondo mentre in Mimic il regista approda alla fantascienza più spinta con il genere umano impegnato a sconfiggere l'esercito di scarafaggi assassini che esplodono dalle fogne di New York. Trame che avrebbero trovato in Pacific Rim la loro coniugazione più completa in quelle legioni di Kaiju emerse dagli abissi marini e in perenne lotta con l'umanità.

Insomma, guerre insostenibili di umani e umanoidi che - cinematograficamente - soccombono alle suggestioni e favole che Del Toro sa narrare attraverso il libro della piccola Ofelia del Labirinto del fauno. Una libellula la conduce attraverso le sfide per incontrare il fauno. Percorsi onirici che costituiscono il riscatto degli innocenti in un'epoca di attriti e conflitti veri - quelli civili in Spagna - passati agli archivi come una delle guerre più sanguinose che il secolo breve sappia ricordare. E per questo forse rimaste impresse anche a un regista messicano, lontano dalle influenze nefaste dei conflitti dei secondi anni Trenta.

Così morti eppur così vivi da costituire lo sfondo delle vicende di un tetro orfanotrofio ne La spina del diavolo che alcuni hanno voluto vedere come la prima parte di un dittico concluso dal Labirinto.

Suggestioni fantastiche ripetute ne La forma dell'acqua dove stavolta è una creatura anfibia, al confine tra umanità e animalità, a riscattare la noia caduca di una donna senza parole.

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