Cronaca locale

Tutta la poesia di Milano dai Navigli all'area Falck

In una raccolta di cinquanta liriche Bettetini indaga sui luoghi e racconta l'interiorità di vie, piazze e istituzioni della città

Sabrina Cottone«L'autobus che passa sopra il fiume sepolto è una biblioteca silenziosa di facce sfogliate di traverso da leggere veloci». Navigli nasce dentro un filo di nebbia che fa «dimenticare l'edificio di fronte». È la prima poesia di una collezione di liriche di Massimo Bettetini, medico psicoanalista poeta. O poeta medico psicoanalista. Sul lettino è Milano con i luoghi storici e gli altrove nascosti, nella sua interiorità indagata con stile di endecasillabi che a tratti si spezzano in settenari. «La luna nel Naviglio. Milano in poesia» dice il titolo (edizioni Interlinea, illustrazioni di Ugo La Pietra). Tra le pagine, lungo l'acqua, Vicolo delle lavandaie. Poi il Policlinico, San Celso, l'Università, l'ex area Falck. E oltre, in città e nei luoghi del fine settimana, rito ambrosiano che è piacere del Sassolungo e della Valcuvia.Si può psicoanalizzare una città? «Milano la vedo bella e con tante storie, sia sopra che sotto, intesi in senso fisico, sulle vie e nella metropolitana, ma anche come metafora di ciò che si vede e si legge e quel che è il significato nascosto» risponde. Eccoci al «Cenacolo di Leonardo», il più esibito e il più misterioso dei tesori, nella Cena dove denotazioni e connotazioni sono state, sono infinite. «Ecco il piatto dov'è consacrato l'olocausto altro, quello vero del cuore ferito. Grumo d'amore» recita la poesia.È melanconica la città del fare? «Non è la Milano da bere ma da vivere dentro» suggerisce l'autore, figlio della poesia di Giovanni Raboni, che lo ha incontrato, letto, incoraggiato. Tra le pagine, omaggi a Vittorio Sereni e Alda Merini. Milanese, di nonni lombardi, papà milanese e mamma di Rimini, Bettetini non ha l'aria di chi ami i locali affollati. Eppure ci sono, anche se non si vedono, happy hour e cene e danze più o meno felici, esteriorità potente che si nasconde dietro l'anima vaga. Leggi «Porta Cicca» e pensi all'osteria, così non stupisce se più in profondità «qualcuno, sconosciuto, è lì che pesca l'ultimo pesce».In «Via Venezian», che per tutti vuol dire tumori e per molti significa morte, «l'omino che regala fiori alle ragazze sa quanti garofani ha incartato, spedito a indirizzi lapidari». Ma «son poche le vie fortunate, via Venezian è una di queste». L'occhio gira e sei già a «san Vittore» con il suo «portone brillo», dove il vecchio col bastone salda «l'ultimo debito d'aria». Quasi un segreto ciò che accade in largo Richini, dietro la folla di libri e studenti dell'Università Statale. «E.. d'improvviso si presenta un picchio. È proprio verde con il becco lungo.

Piccolo Pinocchio di città».

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