Cronaca locale

Urta un mendicante: avvocato rincorso e aggredito in strada

L'episodio è stato denunciato ai poliziotti: da tempo s'indaga sul racket dell'elemosina

Urta un mendicante: avvocato rincorso e aggredito in strada

Preso a pugni, inseguito e minacciato. Vittima un passante, «reo» solo di aver urtato con l'ombrello - lui sostiene «in maniera del tutto accidentale» - un mendicante che chiedeva l'elemosina davanti a un bar in Largo Augusto. Autore dell'aggressione, mercoledì intorno a mezzogiorno, sarebbe un nigeriano di 20 anni che, stando alle testimonianze raccolte dalla questura, di solito chiede l'elemosina davanti all'edicola nel centro della piazza.

Sempre stando alla versione del professionista, che ha denunciato l'episodio alla polizia, al colpo con l'ombrello il giovane africano ha reagito in maniera alquanto singolare e sopra le righe. Non solo infatti ha sferrato all'avvocato un pugno dietro la nuca, ma poi lo ha inseguito fin sotto il portone del suo studio in via Durini. «Dall'altra parte del vetro ha continuato a sfidarmi a uscire, minacciandomi» ha testimoniato in seguito l'avvocato quando è stato sentito dai poliziotti. Una volta all'ufficio immigrazione di via Montebello è emerso che il clochard, a Varese, era destinatario di un ordine di espulsione scaduto il 10 gennaio scorso.

Qualche tempo fa avevamo osservato per alcune settimane il fenomeno di questi «nuovi» mendicanti di colore. Una nuova realtà di questa Milano multiculturale, che si sta rivelando strutturata e gestita da vere e proprie organizzazioni seppure in un modo completamente differente (nonché senz'altro di grande successo per chi lo organizza) rispetto al passato. Ci siamo quindi soffermati quindi su quei ragazzi africani, ben vestiti e al meno all'apparenza estremamente cortesi, che sfoderando un sorriso molto autentico, si appostano ogni mattina davanti al nostro bar, alla pasticceria sotto casa, all'edicola o al supermercato del quartiere dove abitiamo. Hanno lo sguardo buono, con occhi che ci puntano addosso come per perforarci il cuore e la coscienza mentre allungano il cappello per indurci a metterci dentro la monetina. E spesso, spessissimo ci riescono. Magari non subito, strappandoci però la promessa, regolarmente mantenuta, di quel «quando esco» che indica un appuntamento rimandato solo di qualche minuto, dopo caffè e brioche. Risultato: questi giovani profughi, richiedenti asilo, perlopiù nigeriani, gambiani e ivoriani, ce li troviamo davanti ogni giorno. Non è bello da dirsi, ma stanno diventando una sorta di tassa obbligatoria, per avere il lasciapassare dalla nostra coscienza.

A dicembre la polizia locale ha sottoposto alla Procura di Milano l'indagine Baseball Cap (cappellino da baseball) dove si parla di circa 200 di questi giovani ipotizzando l'esistenza di una organizzazione criminale alle loro spalle; a San Donato sono stati visti arrivare da fuori su un pulmino che li scarica davanti a negozi e a punti di passaggio e Forza Italia ha inviato in Consiglio comunale una interrogazione per avere risposte in merito a questo fenomeno e ha lanciato una raccolta firme.

Finora a parte qualche identificazione non si sono raggiunti risultati, ma quello del racket diventa ogni giorno che passa sempre qualcosa di più di un semplice timore.

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