Cronaca locale

Valeria, l'ultimo match ricordando dj Fabo: "Una nuova vita che vivrò anche per lui"

Vicina a Fabiano fino alla fine: "Non ha perso il match. Ha scelto la libertà"

Valeria, l'ultimo match ricordando dj Fabo: "Una nuova vita che vivrò anche per lui"

Ci sono match che segnano la carriera di molti pugili. E poi ci sono quei (pochi) match in cui la vittoria conta relativamente, perché hanno un significato molto più profondo di altri. Perché in quel viaggio che chiamiamo vita, il percorso, purtroppo, può essere segnato dalle disgrazie. E tu, puoi anche avere le spalle forti, ma se hai contro il destino crudele non puoi farci proprio nulla. E allora ci piace immaginare che questa mattina, al suo risveglio, questa donna di anni trentotto possa aver trovato la forza di lasciarsi, per un attimo, il passato alle spalle e, con gli occhi sognanti, sorridere e dire: «Ora ha inizio una nuova vita che Fabiano mi ha chiesto di vivere anche per lui».

Con il match di ieri sera al Principe di Milano, l'ultimo della sua dignitosissima carriera di pugile, si è «chiuso un cerchio». Finalmente, si spera. Perché Valeria Imbrogno, ormai da tempo immemore, nonostante quel suo sorriso coinvolgente da trentadue denti che maschera un'infelicità autentica, ha di certo smarrito la serenità. Da quel maledettissimo 13 giugno 2014 quando, in seguito ad un incidente stradale, il suo fidanzato Fabiano Antoniani, ai più noto come Dj Fabo, è rimasto cieco e tetraplegico. Dopodiché, la scelta estrema dell'eutanasia - vietata in Italia e fonte di dibattito per lunghe settimane e, infine, la decisione finale del dj di morire in una clinica in Svizzera il 27 febbraio 2017.

Una scelta di «libertà», perché, ha provato a spiegare Valeria alla vigilia del suo ultimo match, «se uno è libero di scegliere, deve scegliere in pace la cosa più giusta». Sulla decisione di appendere i guantoni al chiodo: «Sì, questo match ha una connessione simbolica con quanto è successo, perché ormai non so più dove inizia il pugile e dove inizia Valeria, sono la stessa cosa ormai».

Come un incontro di boxe la morte, la peggiore delle avversarie, può metterti al tappeto: «A Fabiano dicevo che stavamo perdendo il match con la signora morte, e stava vincendo per ko. E lui mi diceva: Ti sbagli, questa non è una sconfitta, è una vittoria perché sto tornando ad essere libero».

Idem lasciare la boxe, perché nel momento in cui è scesa da quelle sedici corde che delimitano il quadrato, Valeria si è «liberata» delle catene che la legavano al passato. Per questo, l'ultima «scazzottata» può rappresentare la fine di un incubo e l'inizio di un nuovo viaggio. Lei che, laureata in psicologia, con master in criminologia, già lavora da volontaria per il progetto «Pugni chiusi» nel carcere di Bollate, dove, tra l'altro, due detenuti ex pugili, un italiano e un tunisino, le hanno fatto da sparring partner in preparazione all'incontro. Lei che ha raccontato tutta la sua vita in un libro, «Prometto di perderti. Io Dj Fabo e la vita più bella del mondo» e che ha mille progetti in sospeso. Perché il destino può anche aver inferto colpi velenosissimi più di quelli che Valeria ha sferrato sul ring alle avversarie. Ma da brava pugile qual è, dopo aver incassato il colpo ed essere finita al tappeto, è riuscita a rialzarsi.

In piedi.

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