Cronaca locale

Dalla Valle dei Templi il passato dialoga con l'arte

Al Museo Messina 150 reperti archeologici d'epoca ellenistica esposti con la raccolta dello scultore del '900

Dalla Valle dei Templi il passato dialoga con l'arte

Dalla Valle dei Templi di Agrigento alla chiesa sconsacrata di San Sisto al Carrobbio, nel cuore di Milano, che nel 1970 lo scultore Francesco Messina scelse come sede del suo studio. Lunga è la strada percorsa dallo straordinario corpus di 150 reperti recentemente rinvenuti nella splendida area archeologica siciliana, un vero scrigno a cielo aperto che non smette di regalarci sorprese, e ora esposti nella mostra «L'eco del classico», fino al 21 ottobre allo Studio Museo Francesco Messina (via S. Sisto 4/A), curata da Maria Fratelli, Giuseppe Parello e Maria Serena Rizzo e realizzata dal Comune di Milano e dal Parco Archeologico della Valle dei Templi in collaborazione con prestigiosi enti museali e istituzioni di ricerca.

Ai reperti agrigentini, risalenti all'epoca classica e ellenistica e provenienti anche dal Museo Pietro Griffo e dalla Soprintendenza ai beni Culturali di Agrigento, sono affiancate opere della raccolta di arte antica di Francesco Messina -che fu anche appassionato collezionista- conservate dalla Soprintendenza milanese. Ma l'aspetto suggestivo è che queste «voci dall'antichità» sono poste in dialogo con le sculture di ispirazione classica realizzate dallo stesso Messina dalla metà degli anni Trenta in avanti. E così un meraviglioso busto fittile di Demetra proveniente dal quartiere artigianale di Porta II sembra scambiarsi sguardi complici con l'Attrice immortalata da Messina nel 1956 in una postura che ricorda quella di una kore arcaica. Impalpabili panneggi, profili aristocratici, linee delicate, volti allungati si ritrovano nella deliziosa lekythos (sottile vaso per unguenti) a figure nere con scena di partenza del guerriero dalla necropoli di Pezzino, o anche -con un salto di oltre due millenni- in «Maria Laura», volto in cera che Messina realizzò nel 1946. Che contrasto con la furia di una maschera gorgonica della prima età ellenistica!

I connotati androgini del «recumbente su kline» (IV-III sec. a.C.) si ritrovano nei tratti di «Bianca» (1938), mentre la muscolosità del giovane nuotatore di Messina fa il paio con le anatomie di un piccolo torso marmoreo di artista ignoto (IV secolo a.C.). Nel 1970 Messina realizzò un grande torso di donna in bronzo: l'antichità risponde con l'erma di una divinità femminile del V secolo a.C., l'età d'oro delle colonie greche in Sicilia, mentre l'Efebo del 1959 si confronta con gli archetipi antichi e il calco in gesso del Guerriero di Agrigento. E se è vero, come sosteneva Italo Calvino, che «d'un classico ogni lettura è una lettura di scoperta, come la prima», questo vale anche per l'arte. I capolavori del passato, in dialogo con le opere di Francesco Messina, instaurano dinamiche comunicative attuali e generano nuove espressioni artistiche.

Il percorso prosegue nella navata dell'ex chiesa, con reperti dal VI secolo al '300, e al piano interrato, dove uno scavo archeologico ha rivelato la presenza di un forno tardo-antico.

Ingresso liberodal martedì alla domenica ore 10-18.

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