Cronaca locale

«Al Vento» per un ciclismo senza nostalgie E per raccontare uno sport senza tempo

Il direttore Previtali: «Sfida impossibile? Come quando pedali e non molli»

Antonio Ruzzo

«Alvento è quando ti hanno detto che qualcosa è impossibile e tu hai deciso di provarci lo stesso. Quando pedali controvento a bocca spalancata e ti bruciano le gambe e vorresti mollare, però continui a spingere e pensi: non mollo. E non molli...». Emilio Previtali è il direttore di «Al vento», il nuovo bimensile che racconta il ciclismo a chi ha il ciclismo che scorre nelle vene. Edito da Mulatero, la stessa casa editrice di Skialper, un punto di riferimento per tutti gli appassionati di montagna e di sci alpinismo, «Al Vento» è una bel tappone di montagna, una sfida soprattutto in un periodo dove portare in edicola un rivista di carta pare un mezzo azzardo.

Ma forse è proprio qui il bello: «É un progetto che nasce da lontano- spiega Previtali- Da un lungo lavoro ai fianchi al mio editore per convincerlo che il ciclismo è uno sport dove si può ancora scommettere ed investire e dalla voglia raccontare uno sport epico con storie bellissime che però troppo spesso ha nostalgia del passato. Noi vogliamo provare a raccontare la bici e i suoi protagonisti evitando le celebrazioni ma guardando a un mondo giovane, tecnologico, che abbia sempre un punto di vista, che sia un racconto in prima persona». Storie, personaggi, tecnica anche prodotto che nel primo numero passano da un'intervista a Daniel Oss, il trentino compagno di squadra di Peter Sagan nella Bora, dalle spiegazioni di un tecnico della galleria del vento del Politecnico che racconta come e fino a che punto una bici può sfidare vento e regolamenti, dalle nuove frontiere dei materiali e delle creme a cominciare da quello speed gel che alcune squadre usano nelle cronometro e fa già discutere.

«Del ciclismo mi appassiona tutto ciò che è nuovo, tecnologico, creativo- spiega il direttore di AlVento- Tutto ciò che permette a questo sport di guardare avanti. Non è assolutamente vero che oggi computer, gps, misuratori di potenza ed altre tecnologie facciano passare i ciclisti in secondo piano. Non sono robot, solo che non vanno più allo sbaraglio. In corsa hanno un piano. Anche Chris Froome nella tappa del Colle delle Finestre quando di fatto ha vinto il Giro, aveva un piano che ha messo a punto con la sua squadra. Ci pensavano da un paio di giorni». Un ciclismo che cambia, che fa sempre la stessa fatica, che smuove sempre le stesse passaioni ma con meno concessioni alla nostalgia. Un ciclismo raccontato agli appassionati, a chi si allena, a chi fa le granfondo ma anche a chi non le fa perchè è allergico ai gruppi, alle griglie, alla burocrazia e ama far fatica da solo, far chilometri da solo. Ovviamente col vento in faccia. «Sì è così- spiega Previtali- proveremo a toccare queste corde cercando di raccontare questo sport da infiltrati, da dentro, e proveremo a sradicare quella cultura del sospetto che salta fuori ogni qual volta un corridore firma una grande impresa. Ecco, se devo essere sincero, questa è l'unica cosa del ciclismo che non mi piace...

».

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