Cronaca locale

«Vi racconto Dostoevskij, speleologo dell'anima»

Con «Delitto e castigo», il regista Alberto Oliva chiude la trilogia dedicata al grande scrittore

Antonio Bozzo

«È lui che ti legge, non sei tu a leggere lui». La potenza di Dostoevskij sta in questo cambio di prospettiva. Lo dice Alberto Oliva, che conclude al Franco Parenti, con «Delitto e castigo» (7-19 marzo), il ciclo dedicato al grande scrittore russo. Oliva, con la compagnia non a caso chiamata «i Demoni», ha adattato - con Mino Manni - e diretto lo spettacolo, «una discesa agli Inferi tra lucidità e follia». «Ho scoperto Dostoevskij nel 2010, folgorato da 'Le notti bianche', affrontato in un progetto per il Filodrammatici», dice il regista. «Ti fa condividere i punti di vista dei suoi personaggi, senza mai giudicarli. Dà voce a tutte le psicologie umane, anche le più abiette. Fa parlare l'assassino, il pedofilo, l'usuraio, la vittima. Per questo è lui che legge dentro di te, negli abissi di ognuno». Ci sarà chi, dopo lo spettacolo, si metterà a sfogliare i romanzi di Dostoevskij, a partire proprio da «Delitto e castigo», molto citato, ma poco letto davvero: così capita a tanti grandi titoli della letteratura.

«Dostoevskij comunica un senso di ottimismo, a dispetto delle storie tragiche e disperate che racconta», aggiunge Oliva. «Sa abbandonarsi alla vita, è capace di trasformare tutto in letteratura, persino la sua condanna a morte, commutata in anni di prigione siberiana. Non scriveva per il teatro, ma i suoi romanzi sono fatti di dialoghi perfetti. E anche le descrizioni sono già appunti di regia, da mettere in pratica. Ho faticato poco, grazie a lui». La conclusione della trilogia «Prospettiva Dostoevskij», dopo le tappe di avvicinamento «Il topo del sottosuolo» e «Ivan e il diavolo», sarà accompagnata da incontri e lezioni magistrali sull'autore. In scena, come sempre, spicca Mino Manni (interpreta Svidrigajlov), da tempo sodale di Oliva nella devozione a Dostoevskij. E Raskolnikov, ruolo che è una vera sfida per la complessità psicologica del personaggio, è interpretato da Francesco Brandi. Un sogno di Oliva, che presto realizzerà, è andare a San Pietroburgo, città teatro dei romanzi di Dostoevskij, dove i fantasmi si confondono con gli umani tra le nebbie della Neva illuminate dai biancori di notti infinite.

Ma ora conta Milano, l'accoglienza che sta dando al lavoro di scavo del regista. «Milano sta bene. È in controtendenza rispetto al resto d'Italia, ci sono realtà consolidate come il Parenti. Ma sapete chi è il vero nemico del teatro?», dice Oliva, sicuro di provocare una reazione. «I nemici sono i tanti addetti ai lavori che il teatro non lo amano. Cercano la performance, hanno l'ossessione dei nuovi linguaggi, trascurano la capacità di recitare. Invece il teatro è fatto di grandi testi, possibilmente ben recitati. Solo così si conquista pubblico e la gente torna a sedersi in poltrona, sennò è solo uno spreco, un tradimento. Inutile girarci intorno».

Gli possiamo dare torto? No, Alberto Oliva ha ragione da vendere.

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