Cronaca locale

Il voto di Milano test politico: la partita degli schieramenti

La campagna martellante di Renzi, un Pd spaccato e il No dell'intero centrodestra. Ora l'attesa dei verdetti

Il voto di Milano test politico: la partita degli schieramenti

Occhi puntati su Milano. Nella capitale del Nord si gioca una partita nella partita e il verdetto di stasera avrà logiche ed effetti tutti suoi.

«Conto molto su Milano» aveva detto il 4 settembre scorso, alla festa dell'Unità di Porta Romana il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, madrina della riforma che oggi viene sottoposta al giudizio degli elettori. Con la contestazione da sinistra e una kermesse di partito schierata a senso unico per il sì, il Pd aveva aperto una campagna referendaria difficile. E che contasse davvero molto su Milano, anche il presidente del Consiglio lo ha confermato nelle settimane successive, tornando continuamente in città per presentare, incontrare, firmare, annunciare. D'altra parte è stato l'esito delle Comunali milanesi, sebbene finite al fotofinish, a garantirgli la permanenza a Palazzo Chigi. Dopo quelle amministrative, particolarmente negative per il Pd -per non dire disastrose - era stata proprio la sofferta entrata di Beppe Sala a Palazzo Marino a salvare Matteo Renzi da una debacle totale.

Lo stesso Sala si è impegnato nella campagna per il Sì, guidando lo schieramento dei sindaci favorevoli alla riforma varata dal governo. E l'esito del voto avrà effetti, in prospettiva, sia sull'amministrazione comunale sia sulla formula politica che, da Milano, Renzi vorrebbe esportare all'intero Paese, con un'alleanza fra un Pd a vocazione quasi maggioritaria e un pezzo di Sel a coprire in parte la fascia sinistra dell'elettorato.

Problemi derivano dal fatto che un pezzo di questa componente della sinistra si è espressamente schierata per il No. Divisi anche i centristi Ncd (in regione «Lombardia popolare»). Alcuni fedeli a Maurizio Lupi e al governo, molti altri decisi a bocciare le riforme della Costituzione che ha partorito. Compattamente contrari alla riforma sono gli esponenti di Forza Italia, convintamente in campo per spiegare agli elettori le ragioni del No. Un No a questa riforma, che per gli azzurri contiene incoerenze e carenze. Un No di merito, come ha spiegato più volte la coordinatrice regionale Mariastella Gelmini, dalla manifestazione al teatro Nuovo all'ultimo faccia a faccia (al circolo filologico contro la sottosegretaria oggi Pd Ilaria Borletti Buitoni).

Simile il giudizio di Stefano Parisi, a giugno candidato sindaco del centrodestra e oggi fondatore del neonato movimento «Energie per l'Italia».

Un No di merito e politico arriva anche da un'agguerritissima Lega, che con l'assessore regionale Cristina Cappellini ha illustrato, sul Giornale, l'impatto negativo che la riforma avrebbe sul decentramento dei poteri (in materia di cultura, ma vale anche per tutti gli altri settori di competenza regionale, a partire dalla Sanità). No «senza se e senza ma» dai Fratelli d'Italia, che venerdì hanno chiuso la campagna in corso Vittorio Emanuele.

Un No diverso, molto diverso, da quello di Forza Italia, è quello propagandato dal Movimento 5 Stelle, che proprio a Milano ha inscenato una «camminata in difesa della Costituzione» (così com'è) e quindi contro l'idea stessa di una riforma delle istituzioni.

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