Cronaca locale

Wakeman live di piano solo "Così rileggo classici e rock"

L'ex colonna degli Yes in concerto oggi al Manzoni «Chopin, Beatles e Led Zeppelin con le mie sonorità»

Wakeman live di piano solo "Così rileggo classici e rock"

Non molti artisti possono vantarsi di aver inciso il centesimo disco... Invece Rick Wakeman - ex colonna portante degli Yes - lo fa con un lavoro di solo pianoforte dal titolo Piano Portraits, in cui rilegge alla sua maniera alcuni classici del rock come Stairway to Heaven dei Led Zeppelin o Help dei Beatles accanto a brani di Debussy o ad una Berceuse di Chopin. Un lavoro colorito e molto personale che Wakeman porta in concerto a Milano stasera al Teatro Manzoni.

Lei viene dalla musica classica. Quali sono i pianisti che l'hanno più influenzata?

«Sin da quando ero ragazzo il mio punto di riferimento è stato Vladimir Ashkenazy. Oggi ci sono una miriade di pianisti classici bravissimi, ognuno con un suo stile unico e un talento speciale».

Lei in cosa si differenzia dagli altri?

«Io ho sempre cercato di mettere la musica classica al servizio del rock e viceversa».

Il progressive rock quindi.

«Progressive rock significa semplicemente conoscere le regole musicali e poi distruggerle per ricrearle».

Come ha scelto i brani per l'album?

«La maggior parte sono brani che hanno segnato la storia del rock e a cui sono molto legato. Ho scelto pezzi che hanno splendide melodie per abbellirli e arricchirli con le mie sonorità, e altri che mi hanno ispirato particolarmente a farli miei e a darne una mia interpretazione».

Dopo le cover dei classici, aspettiamo un album di pianoforte con sue composizioni originali.

«Lo avrete. Sto incidendo un triplo cd di brani composti da me che uscirà nel 2019».

Lei è un mito del rock ma ultimamente si parla poco di lei...

«In realtà continuo a suonare e a incidere e sono ancora molto popolare nel Regno Unito. L'anno scorso è uscito l'album King Arthur e nel 2014 Journey che sono andati bene, oltre a molte ristampe dei miei lavori. Spero con questo album e con i concerti di tornare al pubblico internazionale e anche a quello italiano».

Perché ha lasciato gli Yes?

«Sono uscito e rientrato dagli Yes cinque volte, sempre per ragioni esclusivamente musicali. Avevo bisogno di spazio per le mie creazioni e non volevo ripetermi».

Qual è stata l'importanza degli Yes nel mondo rock?

«Penso che il nostro successo abbia aperto la strada a molti musicisti e abbia permesso loro di credere di più nei loro progetti innovativi. La musica degli Yes degli anni Settanta è stata la chiave di tutto un movimento».

Lei ha lavorato con artisti molto diversi tra loro come David Bowie e i Black Sabbath.

«Grandi personaggi e grandi amici. Con Bowie c'era un affiatamento speciale, così non è stato difficile aggiungere il mio tocco di arrangiatore ai suoi dischi. Coi Black Sabbath siamo amici dagli anni Settanta e ho suonato con loro anche dal vivo. Mio figlio Adam ha suonato con loro 15 anni».

Altri progetti oltre al triplo album?

«Non sto mai fermo e sto lavorando a un sacco di cose, sono impegnato almeno per i prossimi cinque anni e ho in programma anche dischi con Jon Anderson (storico membro degli Yes ndr) e Trevor Rabin».

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