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Minori non accompagnati, l'Ue lancia una rete di protezione

Secondo l'ultimo rapporto dell'Agenzia europea per i diritti fondamentali sono oltre 15mila i bambini e i ragazzi richiedenti asilo entro i confini comunitari: vivono spesso in gravi situazioni di disagio e abbandono. La Commissione presenta il suo piano d'azione

Vite dietro le sbarre. Ci si può sentire così anche fuori da un carcere. Più di 15mila minori non accompagnati hanno chiesto asilo e protezione nell'Unione europea nel solo anno 2009 (dati Unhcr). Ma questa è solo un'anticipazione: un rapporto dettagliato sulla loro condizione sarà diffuso a giugno dall'Agenzia europea per i diritti fondamentali.
L'organismo ha svolto uno studio in profondità, attraverso oltre 300 interviste faccia a faccia con minori non accompagnati e altrettante con gli adulti responsabili della loro custodia in dodici paesi membri dell'Ue (compresa l'Italia). Comunque è già possibile tracciare un quadro della situazione, piuttosto allarmante, sebbene con differenze sostanziali da Stato a Stato. In linea generale, gli adolescenti richiedenti asilo - nonostante l'obbligo di tutela su di loro per la pubblica autorità - vivono in ambienti non adeguati, addirittura in regime di detenzione pur senza aver mai commesso delitti, oppure sotto strettissima sorveglianza. Le denunce di maltrattamenti e discriminazioni, riportano i promotori dell'indagine, sarebbero pesanti e frequenti. A volte manca un sufficiente grado di assistenza medica e l'accesso all'istruzione o alla formazione professionale.
Morten Krajeum, direttore dell'Agenzia (Fra) chiede l'urgente rafforzamento della protezione, provvedimenti in linea con la Carta europea dei diritti fondamentali e con la Convenzione sui diritti sui minori, con particolare riguardo a quelli non accompagnati. Spesso le prime vittime dell'immigrazione clandestina.
Intanto la Commissione europea ha presentato, il 6 maggio scorso a Bruxelles, un Piano d'azione organico per affrontare la questione. In quella sede è stato varato un programma d'emergenza, che racchiude altresì norme comuni sulla tutela e la rappresentanza legale. Lo scopo è garantire che le autorità competenti a decidere del futuro di questi bambini e ragazzi si pronuncino quanto prima, preferibilmente entro i sei mesi. Gli Stati membri dovranno anzitutto rintracciare le famiglie e seguire il reinserimento del minore nella società d'origine, ma dovranno anche trovare soluzioni alternative, se ciò è nell'interesse superiore del minore, riconoscendo eventualmente lo status della protezione internazionale o provvedendo al re-insediamento nell'Unione.
Il confronto parte allora dai numeri del fenomeno. Secondo Eurostat, nel 2009 hanno fatto domanda di asilo in 22 Stati membri (escludendo la Repubblica Ceca, la Danimarca, la Francia, la Polonia e la Romania) ben 10.960 minori non accompagnati, che significherebbe un aumento del 13% rispetto al 2008 quando le domande erano state 9.695. Stime dunque al ribasso rispetto al dossier che sarà pubblicato il prossimo mese.
I minori non accompagnati approdano nel territorio europeo per ragioni molteplici: fuggono da guerre e conflitti, povertà e catastrofi naturali, discriminazioni e persecuzioni; a spingerli sono le famiglie stesse che sperano per loro in una vita migliore o che siano d'aiuto una volta rientrati in patria, oppure nel tentativo di inviarli presso familiari che già si trovano nell'Unione; altri sono vittime della tratta di esseri umani. In sostanza, il nuovo piano d'azione propone un approccio basato su tre linee guida: prevenzione della tratta e della migrazione a rischio, accoglienza e garanzie procedurali nell'Ue ma soprattutto la ricerca di soluzioni durature.
Le testimonianze raccolte direttamente dalla bocca dei ragazzi in difficoltà aprono uno squarcio su una realtà ancora poco conosciuta nell'opinione pubblica del vecchio continente.

Esempio emblematico: «Non conosco un tutore legale, devo averne uno?», ha domandato candidamente un quattordicenne svelando con poche parole un disagio a cui le istituzioni europee vogliono finalmente porre rimedio.

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