Cronaca locale

«Il mio ritorno alla Scala per narrarvi Mendelssohn»

«Come vi racconto Mendelssohn» potrebbe essere il titolo dell'incontro che domenica alla Scala (ore 19) precede la prova pubblica del concerto filarmonico di lunedì 23 marzo. Dal momento che Riccardo Chailly pare voler assecondare il suo desiderio di contatto con il pubblico. Insomma, una specie di ritorno ai Discovery Concerts dei tempi della Verdi. Questa volta Chailly, cioè l'onorato e un po' intimidito Kappelmeister alter ego di Felix Mendelssohn in quel di Lipsia, racconterà Der Einsame Insel (Die Hebriden), Ouverture in si min. op.26, e Sinfonia n.5 in re minore op. 107 Riforma. Pagine frequentate, ma mai così. Il direttore, si sa, ama cercare, frugare negli archivi, riscoprire il dimenticato. Mendelssohn è programmato assieme alla novità di Fabio Vacchi Prospero o dell'armonia. Raggiungiamo Chailly nella luce del suo studio adagiato su un prato.
Che partiture utilizza?
«Di recente, a New York, leggo che della Riforma esiste anche il quarto movimento. Poca roba, mi pare 173 battute. Torno e trovo fresca di stampa l'edizione critica di Christopher Hogwood per Bärenreiter. Scrupoloso com'è (Hogwood è un direttore venerato dalle giovani leve per la serietà filologica), riporta la doppia versione. Mi imbatto anche nelle famose 173 battute come quarto movimento “Introduzione-tempo dell'Andante“ con assolo di flauto, da inserire tra Andante e Corale».
"Che lezione ha scelto? "
«Non era possibile scegliere, si doveva fare un lavoro da certosini integrando le connessioni delle due versioni, analizzando varianti e facsimili. La partitura della Riforma con il IV movimento non l'aveva eseguita nemmeno Mendelssohn. Quindi mi trovo a proporre una prima mondiale».
E Le Ebridi?
«Quelle, nella versione Roma 1830, sono una prima italiana. Le ho dirette io a Lipsia».
Quindi non si limita a spiegare al pubblico il bicentenario di Mendelssohn, cosa sta per ascoltare e in che modo, ma fa luce su retroscena editorial-musicologici veramente sconosciuti ai più.
«Credo che possa interessare».
Cosa c'è di vero nella voce cha la dice prossimo direttore musicale del Palau de Valencia, la superba struttura recentemnte realizzata da Santiago Calatrava?
«L'ho letto anch'io. E' pura invenzione. Semplicemente tra poco dirigerò quella magnifica orchestra spagnola nel mio primo concerto al Palau».
Oltrettutto di direttori ce ne sono già due, Maazel e Mehta…
«Non proprio. Maazel si sta ritirando dalla direzione… Comunque, anche se mai dire mai, per ora mi limito a esternare la mia ammirazione».
Quello spazio non sarebbe ideale per il repertorio operistico abbandonato a Lipsia?
«Certamente, ma le opere portano via molto tempo. E io sono molto concentrato sull'orchestra del Gewandhaus, il suo repertorio, le sue tournées».
Il primo impegno a Lipsia?
«Ovviamente la Settimana Santa.

Le pare che potrei rinunciare a Bach? Quest'anno tocca alla Matthäus Passion con le voci bianche di Thomanerchor (Thomaskirche di Lipsia) e del Tölzer Knabenchor (Monaco)».

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