Cultura e Spettacoli

Mito e scienza imprigionate nell’ambra

Dalle lacrime delle tre sorelle di Fetonte alle puntuali informazioni di Plinio il Vecchio

Ambra: fu subito argomento di contrasto, sin dall’antichità romana in cui la sua luce trasparente e dorata passò dal mito primario (che agisce inconsciamente in ognuno di noi) a quello codificato (che assume forma letteraria, racconto, memoria scritta). Alla leggenda d’origine orientale ripresa da Ovidio nelle Metamorfosi, in cui l’ambra, nella sua vitrea e calda luminosità solare, era il prodotto delle lacrime delle tre sorelle di Fetonte, figlio del sole precipitato nel fiume, rispose Plinio il Vecchio, dimostrando conoscenza delle proprietà e della natura di questa materia bella come una pietra preziosa, ma appartenente al regno vegetale.
Certo, come sosteneva Plinio, l’ambra, di provenienza settentrionale, era una resina di conifere, solidificatasi per effetto del gelo o per l’azione del mare. Inoltre Plinio sapeva che l’ambra galleggia e «brucia allo stesso modo e con le esalazioni di una torcia resinosa», e che dalla Pannonia (l’odierna Ungheria) veniva trasportata dai Germani ai Veneti stanziati sull’Adriatico settentrionale, da dove si era diffusa presso i Greci. Descrive anche la presenza di insetti e piccoli animali nell’ambra, perfettamente conservati in quel corpo trasparente e dorato di cui conosce le tecniche di lavorazione.
Ovidio ci rappresenta la folle corsa di Fetonte, figlio del sole, sul carro del padre, l’incapacità di controllare la furia dei cavalli, il cosmo che da quella cavalcata incosciente e superba è scardinato, il carro che precipita nel fiume che un giorno si chiamerà Po. Poi le sorelle giunte a piangere Fetonte, mutate dal dolore in piante, verseranno lacrime che, stillando nell’acqua, si muteranno in ambra.
Se subito l’ambra è investita di un significato magico, è considerata medicamentosa e capace di propiziare salute e protezione, per la sua natura di essere vegetale assume la bellezza assoluta del minerale, lo smeraldo, il diamante. Inoltre è un fossile, e i fossili sono la memoria palpabile, evidente della storia della nostra specie e della vita. Gli insetti che nelle sue ultramillenarie stratificazioni l’ambra include, i piccoli animali, perfettamente osservabili perché protetti dalla sostanza mai del tutto morta, attestano quindi la magia della pietra dalla luce d’oro che custodisce i segreti della vita.
«Ambre.

Trasparenze dell’antico», la mostra in corso al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (catalogo Electa), presentando monili e oggetti in Italia dal mondo precristiano a oggi, ci avvicina alla storia antichissima e ancor vivente di questa sostanza preziosa, bella come l’oro e il diamante, viva come il corallo e la perla.

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