Cronaca locale

Moda, gli inglesi: "Milano velinara"

La stampa inglese contro la settimana della moda appena conclusa. Il capro espiatorio? Sempre il premier. Ma le passerelle sono un vero successo mondiale tra business, iniziative benefiche e culturali 

Moda, gli inglesi: "Milano velinara"

Milano - Che gli inglesi vengano a insegnare alle grandi maison italiane la nobile arte del ben vestire ha dell'incredibile. Le paginate acide e minacciose del Financial Times e dell'Herald Tribune non solo trasudano di inchiostro invidioso, ma dimostrano come i colleghi d'oltre Manica siano distanti anni luce dalle passerelle milanesi e dalle innovative creazioni degli immortali maestri nostrani. Parlano di "Milano velinara" e accusano (c'era da aspettarselo) il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Ma il mondo della moda non ci sta e denuncia apertamente un "attacco politico" costruito unicamente sull'invidia.

Le accuse al Belpaese Non hanno più argomenti. Ormai sono solo cartucce a salve. Non fanno più nemmeno rumore. E, intorno, lasciano solo un senso di inutile disprezzo e di attacco infantile. Il bersaglio è sempre e comunque il premier Berlusconi, le testate sono sempre le stesse. Come una cantilena colgono ogni pretesto pur di minare l'immagine del Belpaese e del governo. Così, al termine di una settimana della moda coronata dai successi sia in termine di pubblico sia di critica, alcune testate inglesi hanno criticato quei "vestiti gustosi, freschi e sexy" destinati a "riempire una delle infauste feste del presidente Berlusconi". Indice puntato contro i Grandi dell'haute couture: spietati contro Armani ("sgargianti vestiti con reggiseno in vista, calzoncini corti e un look da giovane donna rampante pronta per il trampolino"), Pucci (colpevole di aver abbandonato il "tracciato aristocratico") e Bottega Veneta che si sarebbe fatta fuorviare dalle trasparenze.

Attacco politico frutto dell'invidia Ad accuse di tal fatta gli italiani sono ormai (quasi) vaccinati. Ma tutto ha un limite. Proprio Mario Boselli, presidente della Camera nazionale della Moda Italiana, non ci sta a far ridicolizzare la Moda Donna: "E' un attacco incomprensibile frutto di invidia perché l’Italia, pur nella situazione generale di crisi, è ancora al primo posto della moda nel mondo e questo dà fastidio a piazze come New York e Londra, andate molto meno bene nonostante le previsioni". Chi ha, infatti, assistito alle sfilate milanesi non può che concordare: la moda italiana è la concorrente numero uno nel mondo della moda e quindi, in un’epoca di grande crisi, ci dobbiamo aspettare colpi bassi. "Aspettiamo quindi di tutto e di più, ma ricordiamoci - ha commentato anche Laura Biagiotti - che siamo sempre i più forti".

Un grande successo Per parlare di Milano, d'altra parte, bisognerebbe viverla. Il circuito della settimana della moda è, infatti, molto di più dei beceri attacchi della stampa inglese. Non solo passerelle. Non solo alta moda. C'è la beneficenza (quella che Coca Cola ha fatto, insieme a nove maison, per l'Abruzzo). C'è la cultura (quella che Louis Vuitton ha fatto con la mostra Scritture silenziose). Quasi novanta televisioni straniere hanno veicolato al pubblico eleganza e creatività. "Un ottimo segnale sia per il settore sia per la città. Milano è la capitale mondiale della moda". Il sindaco di Milano, Letizia Moratti, è davvero soddisfatta: "La sfilata nella splendida cornice di piazza del Duomo davanti a circa 30mila persone è stata raccontata anche da Herald Tribune, Le Monde e Le Figaro". Milan prend le suite de Londres scrive Le Figaro celebrando le migliaia di persone agglutinés in piazza del Duomo.

Il successo ai tempi della crisi Un ottimo successo, insomma. Celebrato - inizialmente - anche dall'Herald Tribune che domenica aveva incoronato Milano con l'epiteto glorioso di gorgeous. La dimostrazione fattiva è che per una settimana il capoluogo lombardo ha preso lo scettro di capitale della moda. Perché Milano è tutto questo: un'elegante signora, molto più forte e dignitosa degli estemporanei attacchi della stampa inglese. Un successo che ha un sapore davvero più dolce se ottenuto quando la congiuntura economica non è delle migliori, quando molti economisti urlano alla crisi, quando le sinistre vogliono seppellire il Belpaese nella bara del pessimismo.

Ancora una volta Milano ha saputo dimostrare come fare a rialzare la testa.

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