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I misteri del Boeing abbattuto. Scatole nere in mano ai ribelli

I filo-russi trovano i registratori di volo dell'aereo distrutto giovedì: "Li daremo solo a esperti internazionali". Da Kiev accuse senza prove

Treno coi resti delle vittime dell'aereo abbattuto
Treno coi resti delle vittime dell'aereo abbattuto

Ora le scatole nere ci sono. Così, almeno, ripetono i ribelli filo russi sostenendo di essere in possesso di entrambi i registratori di volo su cui sono conservati i dati di volo e le comunicazioni della cabina di pilotaggio del Boeing 777 malese abbattuto sui cieli dell'Ucraina. Stando ai «tweet» di un ribelle filorusso che si firma «Novorossiyà» ovvero «Nuova Russia», le scatole nere sono già nella roccaforte separatista di Donetsk. E a dar retta a Alexandre Borodai, uno dei capi della rivolta filo russa, non verranno in nessun caso affidate alle autorità ucraine di cui, dice Borodai, i ribelli «non si fidano», ma solo ad esperti internazionali. Solo l'esame delle registrazioni di quelle due scatole nere, permetterà forse, ma ci vorranno mesi, di mettere insieme qualche briciolo di verità sulle cause della tragedia. Per ora dobbiamo accertarci delle accuse senza prove diffuse da Washington e Kiev.

Alcune fonti d'intelligence statunitensi rigorosamente anonime, citate dal Washington Post, raccontano di aver raccolto - già una settimana prima del disastro - «alcune indicazioni» sulla presenza negli arsenali ribelli di sistemi anti missili russi simili a quelli usati per abbattere il Boeing dell'Air Malaysia. Kiev si dice certa che almeno un sistema Buk fosse sul proprio territorio già lunedì 14, mentre altri due sarebbero arrivati nella notte tra giovedì e venerdì.

Di fronte a queste affermazioni ci si chiede però come mai né Washington, né Kiev abbiano diffuso la notizia. E perché né Washington, né Kiev abbiano contattato Eurocontrol, l'agenzia per il controllo del traffico aereo a cui aderiscono 39 Paesi europei, chiedendo la sospensione dei voli sull'Ucraina. Il quesito, assai imbarazzante soprattutto per Kiev, fa il paio con i dubbi sollevati dall'assenza di foto, intercettazioni e rilevamenti provenienti dagli Awacs della Nato e dai satelliti della Cia. I Boeing Awacs della Nato da marzo sorvolano l'Ucraina controllando ogni movimento aereo e terrestre e intercettando tutte le comunicazioni e i segnali elettronici. Grazie ai loro padelloni radar ognuno dei Boeing impegnati in queste missioni tiene sotto controllo un area di 312mila chilometri quadrati e può individuare un oggetto in volo, missili compresi, fino a 320 chilometri di distanza. Grazie a queste capacità tre Boeing Awacs bastano per sorvegliare l'intera Europa Centrale. «Un occhio nel cielo in grado di vedere tutto quanto avviene è una sicurezza per tutti noi alleati della Nato» spiegava alla Cbs ai primi di marzo il colonnello olandese Peter Lowerse, pilota di uno degli Awacs Nato impegnati a sorvegliare proprio l'Ucraina.

Eppure nonostante le rassicurazioni di quel pilota l'«occhio nel cielo» non ha individuato il missile responsabile della morte di tanti suoi connazionali. E non ha sentito la scia elettronica del radar che ha agganciato il Boeing in volo. Altrettanto ciechi e sordi si sarebbero rivelati i satelliti Cia. Eppure gli stessi satelliti avevano fotografato recentemente una colonna di tre tank T64 e altri mezzi al confine tra Russia e Ucraina. Le foto diffuse sabato 14 giugno erano state definite la prova inequivocabile degli aiuti di Mosca ai ribelli filorussi.

Ora vien da chiedersi come mai gli americani, così solleciti nel fotografare e seguire le mosse di tre antiquati tank T64, si siano lasciati sfuggire o non abbiano documentato il passaggio, strategicamente assai più rilevante, di un sistema d'arma anti aereo.

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