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72 ore ad Atene tra negozi chiusi e ispettori del fisco

È un Paese logorato, la Grecia, è vero, ma mantiene inalterato il suo fascino con una dignità fuori dal comune

72 ore ad Atene tra negozi chiusi e ispettori del fisco

È una rovente mattina di agosto ad Atene e piazza Syntagma si presenta assolata e quieta. Sembrano già lontani i tempi in cui ad illuminare la piazza erano ben altri raggi: quelli dei riflettori di mezzo mondo, affacciato per conoscere le sorti del Paese. Costantemente affollato da turisti intenti ad immortalare le tradizionali guardie, il Parlamento che affaccia sulla “plateia” ricorda vagamente le antiche bellezze architettoniche elleniche. Il palazzo del Governo è probabilmente lo specchio più nitido del Paese. Esposto alle intemperie del tempo, si presenta consumato e disfatto, ma dignitoso resiste. Proprio come la Grecia stessa. Atene è una capitale non ricca di un Paese ancor più povero, ma chi si aspetta di andare alla ricerca di un’ambientazione post-bellica è fuori strada. È un Paese logorato, la Grecia, è vero, ma mantiene inalterato il suo fascino con una dignità fuori dal comune, affrontando il suo destino senza timore né vergogna. A viso aperto i greci si reinventano, si mettono in gioco, unendo una forte volontà ad un importante atteggiamento di disponibilità nei confronti dello straniero. Oggi la Grecia non è più ad un passo dall’uscita dall’Euro, ma nella capitale gli effetti della Troika e dei recenti accordi a Bruxelles sono più che mai evidenti. Lungo i viali della capitale si alternano tutti gli elementi più crudi della crisi economica che abbiamo ormai imparato a conoscere. Sparsi tra gli “odos” di tutta Atene si trovano greci di mezza età che improvvisano improbabili lavori, senzatetto che chiedono l’elemosina (sottolineando sui propri cartelli che fino a poco tempo prima erano comuni cittadini) e anziani soli e disperati, mentre già dalle 7.30 del mattino davanti alle banche si formano file di persone lunghe una decina di metri. E i muri della città ancora mostrano i manifesti del referendum su cui campeggia la sigla “OXI”.

E poi ci sono le attività commerciali: nel centro storico di Atene la crisi sembra essere stata accantonata, la zona altamente turistica nasconde ai visitatori i controversi aspetti della città. Ma basta dirigersi verso le aree più periferiche della città per scoprire il mondo parallelo: nel quartiere universitario di Exarchia, ad esempio, le vetrine vuote e i negozi chiusi sono di gran lunga più degli sparuti locali commerciali ancora aperti e l’aria che si respira non è certo di festa. Sgrana gli occhi Dimitri, quando sente pronunciare il nome “Merkel”. Fa il musicista di strada, lo incontro mentre incanta i passanti col suono del suo xilofono sulla strada verso il tempio di Zeus Olimpio. “Da Bruxelles vogliono sottometterci, ci stanno distruggendo”, dice arrabbiandosi e gesticolando. Smette di suonare per offrirmi alcuni minuti del suo prezioso tempo. “Qui la situazione è difficile, ma a piace tanto vivere in Grecia”, mentre i suoi occhi si fanno improvvisamente luminosi, felici. Con questo lavoro Dimitri riesce a guadagnare 25 euro ogni giorno, “ma soltanto perché non pago le tasse”, ci tiene a precisare, lasciandomi stupito per l’ammissione senza problemi. Ovunque in Grecia sventolano bandiere nazionali bianche e blu, una pratica che esterna un senso di appartenenza visto nel mondo occidentale soltanto negli Stati Uniti. Resiste una sorta di intrinseco legame con la propria terra, nella penisola ellenica, un legame che inebria in maniera naturale anche coloro che da quella terra sono stati solo “adottati”. Come Agim, cuoco albanese in uno degli innumerevoli ristoranti specializzati in pita e souvlaki. Sorride sempre, Agim, e lo fa ancora di più quando gli chiedo com’è vivere in Grecia. “Non me ne andrò mai, nonostante tutto”, risponde. Intanto, però, il Governo retto da Tsipras ora ha bisogno di far cassa, puntando in primo luogo su un problema che anche da quest’altra parte dell’Adriatico conosciamo molto bene: l’evasione fiscale. Per questo, come riferisce il quotidiano Kathimerini, degli ispettori del fisco sono stati incaricati di fare la posta davanti a negozi, bar, ristoranti, autofficine e cliniche per chiedere ai clienti di esibire la ricevuta. Ed effettivamente le operazioni sembrano iniziate per davvero: nel quartiere turistico di Plaka assisto in diretta ad un controllo fiscale. Un ispettore in borghese appostato fuori alcuni negozi blocca un turista dopo un acquisto e chiede lo scontrino. L’esercizio non l’ha battuto. L’ispettore ringrazia il cliente ed entra nel negozio, consegnando verosimilmente una multa al proprietario. Dopo 2 minuti dalla batosta il proprietario è già col sorriso stampato sul volto e un piatto di feta da servire.

Forse per questo la Grecia ce la farà sempre, comunque.

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