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Afghanistan, 100 studentesse avvelenate da islamisti

I gruppi islamici in Afghanistan colpiscono ancora: questa volta le vittime sono 100 studentesse, ree di essere andate a scuola

Afghanistan, 100 studentesse avvelenate da islamisti

Il fatto è accaduto a Herat, la provincia Afghana in cui ancora sono presenti gli ultimi soldati italiani della missione Isaf. Un movimento islamico presente nel paese, di cui ancora non si conosce il nome esatto, ha colpito 100 studentesse tra i 12 e 17 anni e alcune insegnanti, il peccato sarebbe stato quello di essersi recate a scuola. Il gruppo è stato subito ricoverato d'urgenza all'ospedale di Herat City. I sintomi riportati vanno dalla nausea, ai dolori allo stomaco, fino ai giramenti di testa e, in alcuni casi, alla perdita temporanea della conoscenza. Il fenomeno, secondo quanto riportano i media locali, non sarebbe una novità nella regione. Gli intossicamenti causati da ordigni fatti esplodere dai terorristi, sarebbero ormai divenuti un fatto ricorrente e in alcuni casi avrebbero addirittura causato la morte di alcune ragazze. ll fenomeno si ripete da anni in varie province afghane e anche del Pakistan. Mai rivendicato, esso viene attribuito a movimenti islamici fondamentalisti che si oppongono con tutte le loro forze all'educazione delle bambine e delle ragazze.

Una delle insegnanti, Hasina, ha rilasciato alcune dichiarazioni all'agenzia di stampa Pajhwok: "Ero dentro un'aula e ad un certo punto ho sentito un forte odore cattivo. Non posso dire cosa è successo dopo. Quando ho riaperto gli occhi ero in ospedale". Una madre, di nome Bibi Gul, ha invece raccontato che le due sue bambine, di 12 e 14 ani, frequentavano la scuola di Jabril, il quartiere preso di mira di terroristi: "Hanno telefonato per avvertirmi dell'accaduto. Mi sono precipitata in ospedale ed ho trovato la più piccola in condizioni stabili, ma l'altra in uno stato più preoccupante".

Solo nel mese di giugno 2015, i media afghani hanno segnalato tre casi di avvelenamento di studentesse. Il 6 giugno scorso era accaduto ad alcune decine di allieve di una scuola del distretto del Panjab nella provincia centrale di Bamyan. Il 13 giugno è stata la volta, ancora ad Herat City, del ricovero di studentesse del Liceo Istiqlal, mentre il 22 giugno 30 ragazze della scuola Band-i-Kosa nel distretto di Waras, nuovamente nella provincia di Bamyan, sono finite in ospedale con vertigini, lacrimazioni, mal di testa e vomito.

Paesi come Afghanistan e Pakistan conoscono da vicino l'intolleranza islamica nei confronti dell'educazione scolastica femminile. Come nel noto caso di Malala Yousafzai, premio Nobel per la pace 2014, vittima di un attentato in cui i talebani pakistani avevano cercato di ucciderla a causa del suo impegno per il diritto all'istruzione femminile: un proiettile aveva raggiunto la giovane alla testa, al quale però era miracolosamente sopravvissuta.

Ancora oggi in questi paesi la condizione delle donne è drammatica, come conferma lo Human Rights Watch: l’85% delle donne è senza istruzione, la metà si sposa prima dei sedici anni, ogni due ore una donna muore nel Paese dando alla luce un figlio, i casi di violenza sono cresciuti del 25% nell’ultimo anno e, sempre l’anno scorso, 120 donne si sono date fuoco.

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