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Un altro afroamericano morto durante un arresto. Si chiamava Manuel Ellis

L’autopsia sul corpo di Ellis ha confermato la tesi dell’omicidio, evidenziando che la vittima avrebbe subito “arresto respiratorio” e “costrizione fisica”

Un altro afroamericano morto durante un arresto. Si chiamava Manuel Ellis

Negli Stati Uniti, dove già infuriano le proteste popolari in nome di George Floyd, sta girando un video che testimonia l’uccisione, per mano della polizia, di un altro afroamericano, Manuel Ellis. La scioccante ripresa in questione sarebbe stata girata il 3 marzo a Tacoma, nello Stato di Washington. A realizzare il filmato sarebbe stata una testimone delle violenze perpetrate dagli agenti ai danni della vittima di colore.

Il video incriminato, spiega l’Ansa, immortala dei poliziotti locali mentre, dopo avere scaraventato improvvisamente a terra il malcapitato, iniziano a infierire su quest’ultimo. Nel filmato è quindi possibile ascoltare, a un certo punto, l’autrice dello stesso, riparatasi dietro una macchina delle forze dell’ordine, che urla agli agenti: “Smettetela di colpirlo, o mio Dio smettetela!”.

In base a quanto riportato giovedì dal New York Times, l’afroamericano ucciso si chiamava appunto Manuel Ellis e aveva 33 anni di età. Egli, musicista nonché padre di due figli, era stato fermato da due agenti di pattuglia, la notte del 3 marzo, nei pressi di un incrocio, mentre era a bordo della sua macchina.

Per ricostruire quanto accaduto al momento del fermo di polizia, il quotidiano si basa sulle informazioni fornite da Ed Troyer, portavoce del dipartimento di polizia di Tacoma.

Ellis, una volta incontrate quella notte le forze dell’ordine, avrebbe iniziato a dare in escandescenze, aggredendo e buttando a terra uno dei poliziotti.

Questi, raggiunti da altri due agenti di supporto, hanno di conseguenza provveduto, ha affermato la testata attenendosi alle dichiarazioni di Troyer, ad ammanettare l’afroamericano. Ellis, nonostante le manette, avrebbe continuato a dimenarsi e a cercare lo scontro fisico con quegli uomini in divisa.

Il racconto di Troyer, rimarca il giornale newyorchese, sconta a questo punto importanti carenze di dettagli, in quanto, ad esempio, sorvola sui metodi di immobilizzazione e placcaggio messi in atto allora dai tutori dell’ordine di Tacoma ai danni del soggetto arrestato. Ad esempio, il portavoce del dipartimento ammette di non essere a conoscenza di tutti i particolari relativi alla tecnica di immobilizzazione applicata dai quattro poliziotti coinvolti, ma si sente comunque sicuro di escludere il ricorso, da parte degli stessi, al “chokehold” o al soffocamento mediante ginocchio premuto contro il collo dell’individuo fermato.

Lo stesso Troyer, denuncia il New York Times, ha però confermato che Ellis, mentre veniva immobilizzato dalla pattuglia, avrebbe cominciato a urlare: “Non riesco a respirare”. La reazione dei poliziotti al grido disperato della persona di colore sarebbe quindi consistita nell’immediata richiesta di un soccorso medico d’urgenza.

Una volta giunti i sanitari nel luogo dell’arresto, questi, racconta sempre tale portavoce, avrebbero trovato l’individuo ammanettato ancora in condizione di respirare autonomamente, anche se provato. Il personale di pronto intervento avrebbe allora cercato, per circa 40 minuti, di rianimare il trentatreenne, per poi dichiararne la morte.

Mercoledì ha avuto luogo l’autopsia, che, riferisce il giornale basandosi sulle informazioni fornite da Troyer, ha accertato che l’afroamericano sarebbe deceduto per “arresto respiratorio”, carenza di ossigeno e “costrizione fisica”. I medici legali, dopo avere analizzato il corpo della vittima, hanno però indicato, quali ulteriori fattori determinanti la morte del malcapitato, un’intossicazione da metanfetamina e una patologia pregressa al cuore. Tuttavia, l’esame scrupoloso della salma del musicista ha alla fine portato i medici forensi a presentare la morte del primo come un “omicidio”.

Il fascicolo investigativo sul decesso di Ellis, ha assicurato in seguito il portavoce, sarebbe ormai completo di tutte le informazioni necessarie sull’accaduto e dovrebbe venire sottoposto all’attenzione dei magistrati la prossima settimana. Al contrario, la sorella del malcapitato, Monet Carter-Mixon, contesta la tesi per cui sarebbero stati raccolti dalle forze dell’ordine tutti i dati necessari sulla morte del fratello.

La donna, evidenzia l’organo di stampa, sta di conseguenza invocando nuovi e più rigorosi accertamenti sull’arresto del suo familiare, al fine di fare luce su cosa realmente quegli agenti hanno fatto il 3 marzo al trentatreenne e su come sono state condotte le indagini dal dipartimento di polizia di Tacoma all’indomani del decesso dell’afroamericano.

Sollecitazioni a fare davvero chiarezza sull’episodio di cronaca sono state avanzate anche dal sindaco della città, Victoria Woodards, e dal governatore dello Stato di Washington, Jay Inslee.

Nel frattempo, sottolinea il quotidiano della Grande Mela, si susseguono le veglie di preghiera e le commemorazioni pubbliche del defunto, organizzate dai suoi più stretti conoscenti.

Uno di questi, Brian Giordano, interpellato dalla testata, contesta con forza la versione ufficiale per cui Ellis avrebbe aggredito e gettato a terra un poliziotto, dato che il musicista, a suo dire, era una persona esemplare, votata ad aiutare gli altri.

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