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Argentina, seggi aperti ​per il dopo Kirchner

Gli argentini oggi votano per scegliere chi guiderà il paese del tango sino al 2019

Argentina, seggi aperti ​per il dopo Kirchner

Gli argentini oggi votano per scegliere chi guiderà il paese del tango sino al 2019. Gran parte dei media internazionali danno per scontata la vittoria di Cambiemos, l’alleanza “inventata” da Mauricio Macri, già presidente del Boca Juniors più vincente di sempre, già imprenditore così così a differenza del padre, già “sorpresa” del primo turno lo scorso 25 ottobre anche se in realtà arrivò secondo, 2,6 punti percentuali dietro Daniel Scioli. Solo che quest’ultimo, a detta di quasi tutti i sondaggi, doveva già proclamarsi presidente un mese fa, staccando di oltre il 10% il rivale e, invece, per la prima volta nella sua storia sarà necessario un ballottaggio per avere un presidente dell’Argentina. Per chi piacciono le definizioni schematiche Macri è un liberale di centro-destra mentre Scioli è un kirchnerista o, se preferite, un peronista di centro-sinistra. In realtà Macri ha inaugurato una statua di Perón neanche un mese fa, ha già detto che ascolterà tutti, opposizione compresa, ed ha governato la città di Buenos Aires bene, pur non avendo la maggioranza nel parlamento della capitale, se è vero che è riuscito a farsi eleggere due volte prima di cedere il testimone al suo amico-consigliere Horacio Larreta. Scioli, dal canto suo, è riuscito nell’impresa di far perdere la provincia di Buenos Aires al peronismo – ma la colpa è in realtà della presidente Kirchner che ha scelto come candidato il suo fedelissimo e discusso Anibal Fernández – ma è distante anni luce dalla retorica bipolare ed aggressiva di Cristina e, anche se è stato un campione dell’off-shore -con il lecchese Fabio Buzzi come copilota- quando parla non stimola adrenalina ma è pacato e conciliante come pochi. Otto su nove sondaggi della vigilia danno vincente Macri, con un margine tra i 6 ed i 12 punti percentuali ma, viste come sono andate le cose al primo turno, è possibile che il voto di oggi si decida per un’incollatura o poco più. Anche perché l’11% degli aventi diritto è ancora indeciso, scrive oggi il quotidiano La Nación, mentre l’astensionismo di molti che hanno votato per altri candidati al primo turno potrebbe rimescolare le carte. Di sicuro c’è che l’uomo marketing di molti presidenti latinoamericani, l’ex reporter di Veja João Santana sospettato di lavaggio di denaro dagli inquirenti della Mani Pulite brasiliana, ha tentato in ogni modo di convincere Scioli ad essere “populista” e “squalificante” contro il rivale, ma ci è riuscito solo in minima parte, a differenza di quanto fatto nel recente passato con Dilma in Brasile e Maduro in Venezuela. Quella argentina non è stata, insomma, la solita “campagna sporca” a cui i candidati di Santana ci avevano abituato negli ultimi anni. I primi risultati dovrebbero arrivare quando in Italia sarà l’una e mezza di notte e, per ora, l’unica certezza è che dopo 12 anni non sarà più un Kirchner a guidare i destini dell’Argentina. Né la presidente uscente che nel 2013 non riuscì a cambiare la costituzione per concorrere ad un terzo mandato consecutivo, né suo figlio Máximo, che potrà dedicarsi a tempo pieno alla Campora ed all’amata play station anche perché, grazie all’immunità da neodeputato, riuscirà nei prossimi anni a scansare il processo su Hotesur, società della sua famiglia proprietaria di due hotel di lusso in Patagonia. A differenza di Cristina Kirchner che, invece, prima o poi dovrà spiegare al giudice Bonadio se lavaggio di denaro c’è stato oppure se sia stata la solita contabilità sfortunata che dai tempi di Santa Cruz perseguita la famiglia Kirchner, il cui patrimonio nell’ultimo decennio si è più che decuplicato.

Ad avercene di sfortune così.

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