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Fuga di Al Baghdadi: fine del Califfato o nuova strategia?

Il numero uno dell'Isis è veramente alle corde? Secondo gli 007 iracheni, Abu Bakr al Baghdadi sarebbe ormai costretto ad una vita da latitante, ma il suo obiettivo potrebbe esser quello di rilanciare il jihad dal deserto

Abu Bakr Al Baghdadi, in una rara immagine che lo ritrae in moschea a Mosul
Abu Bakr Al Baghdadi, in una rara immagine che lo ritrae in moschea a Mosul

Sono passati poco meno di tre anni da quando Abu Bakr al Baghdadi ha proclamato il “Dawalah al Islamiyah” (Stato islamico). Oggi la moschea al Nuri di Mosul, simbolo dell’inizio di quella tragica epopea, è accerchiata dalle forze governative e lo stesso Califfo è braccato come un animale ferito.

La “latitanza” di Baghdadi

Le notizie sul numero uno dell’Isis, nei cui confronti è in corso una vera e propria caccia all’uomo, si arricchiscono di maggiori dettagli, ora dopo ora, mentre le forze governative avanzano nella liberazione dei quartieri occidentali dell’ex roccaforte irachena. Secondo gli 007 iracheni, al Baghdadi è un uomo in fuga, costretto a spostarsi di villaggio in villaggio mescolandosi alla popolazione civile, ed a dormire ogni notte in un rifugio diverso. E, per paura di cadere vivo nelle mani del nemico, indosserebbe una cintura esplosiva che è pronto a far brillare. Ma, dietro il rincorrersi di queste informazioni, potrebbe nascondersi un inquietante retroscena.

Andiamo per gradi. Secondo le indiscrezioni dei servizi segreti iracheni, infatti, il Califfo dei musulmani – miracolosamente scampato ai droni americani in più di un’occasione – sarebbe in fuga nelle zone semidesertiche al confine tra Iraq e Siria. Dopo aver rinunciato a raggiungere Raqqa, prossimo contrafforte jihadista destinato a capitolare, potrebbe aver trovato riparo nei pressi di al Baaj, 157 km a sud-ovest di Mosul, oppure più a sud, nella provincia dell’Anbar. In entrambe le località, nel corso degli ultimi mesi, la presenza del Califfo era già stata segnalata.

La conferma del suo allontanamento da Mosul era arrivata a febbraio scorso, a quattro mesi dall’inizio delle operazioni per liberare la provincia dal giogo dello Stato islamico. Ad affermarlo era stato il generale Abdolkarim Khalaf, dei servizi di sicurezza iracheni, secondo cui al Baghdadi si era sottratto all’assedio di Mosul fuggendo “qualche tempo fa” assieme ad “alcuni alti comandanti dell’Isis”. A difendere l’ex roccaforte, secondo Khalaf, sarebbero quindi rimasti comandanti ritenuti “inesperti nella guerra”.

Mentre, ad inizio mese, secondo quanto riportato dalla televisione irachena, il leader aveva nuovamente esortato i suoi “dignitari” a rompere le righe impartendo loro direttive precise: mettersi in salvo, oppure, qualora non fosse possibile, farsi saltare in aria. All’epoca si parlò di un “messaggio d’addio”, fatto decisamente singolare per un leader che, sinora, ha recapitato solo missive di sfida e minacce, non perdendo mai l’occasione di incitare i mujaeddin a resistere.

Dalla “guerra” alla “guerriglia”

Ma, allora, cosa potrebbe avere in mente il Califfo? Sembrerebbe arrivato ai titoli di coda, eppure, resta il dubbio che, in realtà, le sue mosse corrispondano ad un cambio di strategia. Secondo quanto ipotizzato da varie testate, infatti, il leader delle bandiere nere avrebbe in mente un disperato piano di riorganizzazione delle colonne jihadiste. Il progetto potrebbe esser quello di chiamare a raccolta le truppe d’élite del Califfato, distogliendo gli uomini migliori dai fronti caldi, per rilanciare una “guerriglia mobile” dalle regioni desertiche a nord dell’Eufrate.

Nel frattempo, nelle zone sotto assedio, il sacrificio dei combattenti di seconda e terza fila servirebbe solo a guadagnare del tempo.

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