Elezioni Israele 2015

Uomo forte e "babysitter" d'Israele. Netanyahu corre verso le elezioni

Il premier israeliano punta su spot "leggeri", ma anche a presentarsi come unica voce credibile. E accusa la sinistra: "Dareste Gerusalemme ai jihadisti"

Uomo forte e "babysitter" d'Israele. Netanyahu corre verso le elezioni

Mancano meno di trenta giorni dall'appuntamento con le urne che consegnerà ad Israele un nuovo parlamento e la campagna mediatica orchestrata dal primo ministro Benjamin Netanyahu continua a imporsi all'attenzione degli elettori - e dei media internazionali - per un mix di sfrontatezza e sarcasmo che l'ha caratterizzata fin dall'inizio.

Uscito trionfante dalle primarie del Likud a inizio anno, Netanyahu ha chiarito fin da subito in quale ruolo veda se stesso e in quale invece i suoi avversari politici, improntando l'aspetto comunicativo della sua campagna elettorale sulla costruzione di un'immagine da uomo forte, non priva di qualche paternalismo.

Gli spot disseminati durante gli ultimi due mesi ne sono un ottimo esempio. Netanyahu si è prestato alla macchina da presa, abbandonando i panni austeri del politico, per calarsi in quelli del maestro d'asilo e del babysitter, o "Bibi-sitter", per utilizzare il facile gioco di parole del video.

Se per sé il premier israeliano riserva il ruolo di guida e custode, è altrettanto chiaro dove si collochino gli altri nomi della politica locale, compresi quelli che con il Likud sono stati alleati nella coalizione di governo e poi messi alla porta dopo l'ennesimo scontro, come Tzipi Livni (HaTnuah, ora Campo sionista) e Yair Lapid (Yesh Atid).

Il Likud, spiega senza mezzi termini una delle clip elettorali, è l'unica scelta. In alternativa si potrebbe optare sugli alleati Tzipi o "Buji" (Isaac Herzog, che tutti conoscono però con questo soprannome). Ma se Israele si prendesse una serata libera, lasciando i bambini con la tata, Herzog "si venderebbe pure le pareti" e Livni in poche ore "traslocherebbe dai vicini".

La metafora non è per niente nascosta. Al segretario di HaTnuah, Netanyahu rinfaccia un voltafaccia politico, mentre attacca le posizioni sulla questione palestinese di Herzog, che in caso di vittoria ha promesso un "piano Marshall" per Gaza. E d'altra parte le critiche non mancano neppure per i partiti di destra.

In un altro spot elettorale - in cui Netanyahu viene presentato come il maestro di una classe d'asilo particolarmente irrequieta - Naftali Bennett (HaBayit HaYehudi) è un bambino che ha un rapporto d'amicizia complicato con il centrista Lapid e Avigdor Lieberman (Israel Beytenu) il compagno barbuto ed egoista, che "dovrebbe imparare a condividere".

Il tema è chiaro: l'incapacità politica delle possibili alternative, siano messe alla prova nelle questioni interne o sul piano internazionale. E se Netanyahu vede nei suoi avversari dei politici incapaci di una posizione ferma nei confronti degli Stati Uniti, dall'altra parte ricorda che se Ben Gurion avesse dato ascolto a Washington, Israele non sarebbe mai nato.

Un duello a colpi di spot sorregge un confronto che procede tra molti colpi sotto la cintura, su cui il presidente della Repubblica si è espresso con una certa preoccupazione. "La gente vuole soluzioni - ha detto Rivlin -, vuole una leadership le cui motivazioni derivino da valori e contenuti, capace di prendere decisioni".

I sondaggi danno Campo sionista e Likud molto vicini, ma la sfida sarà poi quella di costituire una coalizione in grado di governare. E se da un lato Herzog parla di "un abisso" che separa i contendenti, dall'altra Netanyahu non risparmia nulla. Accusa Campo sionista di non avere volontà sufficiente a ostacolare il nucleare iraniano o evitare che Hamas prenda il controllo della Cisgiordania. E in uno spot provoca: "La sinistra si arrenderà al terrore".

Proprio dell'Iran, Netanyahu parlerà di fronte al Congresso di Washington, in un discorso sulla cui opportunità a pochi giorni dalle elezioni si è scatenato un ampio dibattito politico sia in Israele che negli Stati Uniti. L'invito è arrivato dallo speaker della Camera, controllata dai repubblicani, in un frangente in cui la discussione per un possibile accordo sul programma nucleare di Teheran è ancora aperta.

Obama ha annunciato che non vedrà il premier israeliano, il suo vice che sarà in missione all'estero. "Il protocollo suggerisce - ha detto nei giorni scorsi un portavoce della Casa Bianca - che il leader di un Paese contatti il governo del Paese in cui si appresta a recarsi in visita".

Sulla questione iraniana, uno dei punti di forza del pensiero politico di Netanyahu, ha rincarato la dose anche il ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman, che teme il discorso negli Stati Uniti si trasformi in un palcoscenico per il Likud.

"Non può spiegare al mondo come combattere il terrorismo - ha detto -, se non è in grado di sconfiggere la sua minaccia più vicina, Hamas".

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