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Brasile, arrestato un amico di Lula

José Carlos Bumlai era l’unica persona che aveva accesso all’ufficio privato presidenziale

Brasile, arrestato un amico di Lula

l “clan Lula”. Titolava così il quotidiano economico argentino Infobae sintetizzando il modus operandi dell’ex presidente del Brasile Luis Inácio Lula da Silva e del suo entourage, con una terminologia più consona a Cosa Nostra che alla politica.

Era il 4 novembre scorso, data simbolica per la storia d’Italia ma anche per l’ex presidente del Brasile, quello che – per chi non se ne ricordasse – decise di rovinare un Capodanno a molti nostri connazionali, aspettando proprio il 31 dicembre 2010, ultimo giorno dei suoi otto gloriosi anni trascorsi al potere, per decidere di non estradare l’ex terrorista dei PAC (Proletari Armati per il Comunismo) Cesare Battisti.

Lo scorso 4 novembre, infatti, Luís Cláudio, ultimogenito figlio di Lula, veniva torchiato per quasi 4 ore dalla polizia di San Paolo ma non arrestato, nonostante non fosse riuscito a spiegare come mai Mauro Macondes Machado, avvocato e lobbista politico in carcere dal 26 ottobre, avesse pagato sull’unghia alla sua azienda di marketing sportivo la bellezza di 2,4 milioni di reais, circa 600mila euro.

Dieci giorni dopo il settimanale Panorama dedicava due pagine a Lula, spiegando i motivi della sua preoccupazione per la Lava Jato, così si chiama la Mani Pulite brasiliana che da oltre un anno toglie il sonno all’ex presidente che vorrebbe ricandidarsi nel 2018.

Tra i motivi di “grave preoccupazione” di Lula Panorama segnalava anche il nome di un “bovaro”, tal José Carlos Bumlai, professione allevatore di vacche per l’appunto, descritto come “il fulcro di molti affari lulisti” tra cui “2 milioni di reais, frutto di tangenti Petrobras, poi ‘girati’ ad una nuora di Lula” secondo la testimonianza di Fernando Baiano, faccendiere arrestato e diventato collaboratore di giustizia in cambio di uno sconto di pena, a patto di fornire agli inquirenti informazioni vere e dimostrabili.

Stamane la polizia brasiliana ha arrestato a Brasilia proprio quel Bumlai nell’ambito della ventunesima fase della Lava Jato, ribattezzata ironicamente dagli inquirenti operazione Passe Livre, ovvero Passaggio Libero.

Già perché il suddetto “bovaro”, in questo momento già in cella a Curitiba, non solo è un grande amico di Lula dal 2001 ma, anche e soprattutto, l’unica persona che aveva accesso all’ufficio privato presidenziale. A qualsiasi ora, senza preavviso e senza dover mostrare qualsivoglia documento alla security.

“Bumlai era il cassiere di Lula e della sua famiglia”, spiega a Il Giornale Mario Sabino Filho, giornalista che guida la sparuta equipe di O Antagonista (www.oantagonista.com), un sito che è una vera e propria “Bibbia” per chi vuole seguire tutte le vicissitudini giudiziarie del “clan Lula”.

Il “bovaro” era diventato così intimo di Lula da trasformarsi in mentore nel difficile mondo degli affari brasiliano sia di Lulinha - altro figlio di Lula passato improvvisamente da guardiano dello zoo ad imprenditore milionario – che del già citato Luís Cláudio. Uniti a tal punto da condividere gli uffici di San Paolo sino a quando lo scorso anno è deflagrata la Mani Pulite verde-oro.

Nel mandato d’arresto di Bumlai gli inquirenti paragonano lo schema di mediatore/raccoglitore di tangenti di Bumlai allo scandalo del mensalão con cui il PT, il partito dei lavoratori fondato da Lula, pagava stecche mensili a parlamentari dell’opposizione in cambio dell’approvazione di leggi gradite all’esecutivo.

E per dimostrare questo parallelismo, gli inquirenti hanno allegato agli atti una deposizione di Marcos Valerio, pubblicitario condannato nel mensalão, in cui quest’ultimo affermava alla ricerca di uno sconto di pena che 12 milioni prestati dal Banco Shahin a Bumlai sarebbero serviti per pagare nel 2004 il silenzio di un imprenditore, tal Ronan Maria Pinto, che ricattava Lula ed il PT a causa dell’omicidio di Celso Daniel, ex sindaco di Santo André ed ucciso quando era coordinatore della prima campagna elettorale vittoriosa di Lula, nel 2002.

Mentre il suo braccio destro Zé Dirceu e tesoriere e presidente del PT finivano in carcere, dal mensalão Lula ne uscì indenne dicendo prima che non ne sapeva nulla e, una volta rieletto nel 2006, che si era trattato di un processo politico.

Di certo è che è dal 2004 sino al 2010 Bumlai è “il miglior amico di Lula”, l’unico con libero accesso al suo ufficio presidenziale anche se settimana scorsa Lula lo ha “scaricato”, dicendo pubblicamente che non escludeva che il “bovaro” potesse aver fatto il suo nome a sua insaputa.

Poi ha anche quasi “scaricato” suo figlio, Luís Cláudio, sostenendo in tv che “è lui che deve dimostrare che ha fatto le cose bene”, anche se gli inquirenti sospettano che i 2,4 milioni arrivati a Lula jr dall’avvocato/lobbista politico Macondes siano il pagamento per una legge ad hoc per favorire il settore auto e non come detto dall’ultimogenito per sponsorizzare il football americano, sport notoriamente molto praticato in Brasile.

Ora Bumlai è finito in carcere e quello che il mitico Obama definì a suo tempo "il miglior politico al mondo", Lula, oggi ha problemi non irrilevanti con la giustizia a causa di ex amici e parenti prossimi. Carlos Fernando dos Santos Lima, uno dei magistrati della Mani Pulite brasiliana, dichiarava settimana scorsa: "se la Lava Jato arriva all'ex-presidente, lo farà con un'accusa solida, con una denuncia basata su dati oggettivi e fatti concreti".

L’arresto odierno di Bumlai, “il cassiere di Lula” è qualcosa di più spiega Sabino “e potrebbe essere il prologo di altri arresti ben più eccellenti, a cominciare da Luís Cláudio”, l’ultimogenito di un Lula che dorme sempre di meno.

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