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Carovane, cavalieri e campioni: i martiri dello Stato islamico

Soltanto agli autori dei massacri più efferati lo Stato islamico concede il titolo di Campione

Carovane, cavalieri e campioni: i martiri dello Stato islamico

Lo Stato islamico ha aggiornato la sua terminologia per identificare e classificare le operazioni suicide dei martiri. Con la frase “Carovana dei Martiri”, l’Isis identifica le sole operazioni Inghimasi. Con la frase “Cavalieri del Martirio”, lo Stato islamico identifica le operazioni suicide dei giovani martiri. Soltanto gli autori dei massacri più efferati e con un alto numero di vittime, infine, ricevono il titolo di Campioni. Tutti i termini si riferiscono alle crociate. Secondo la distorta visione dell’Isis, il mondo è diviso in due parti (il riferimento è al discorso dell’ex Presidente Bush): o si è dalla parte dei crociati o con l’Islam. E’ uno stratagemma culturale nel tentativo di unire tutti i musulmani in una guerra religiosa. La strategia dialettica ha un fine ben preciso: inquadrare il conflitto in un’ottica religiosa e politica. Lo Stato islamico perpetua il mito di un Islam sempre in conflitto con l'Occidente cristiano. L'affermazione che "c'è un inesorabile conflitto tra Islam e l'Occidente" non è basata sulla storia, ma sulla retorica utilizzata dagli estremisti per promuovere le loro cause. Dovremmo essere profondamente scettici nei confronti di quei gruppi terroristici islamici o cristiani che sostengono che la storia è dalla loro parte.

Stato islamico: La Carovana dei Martiri

Per annunciare la morte di Hudhayfah al-Badri, figlio del califfo autoproclamato Abu Bakr al-Baghdadi, il 4 luglio scorso lo Stato islamico ha utilizzato la frase “inghimasi operation”. Hudhayfah al-Badri sarebbe morto durante una vasta operazione inghimasi lanciata contro i Nusayriyya ed i russi nella centrale termoelettrica di Homs. Nusayriyyah è il termine utilizzato dallo Stato Islamico per identificare il gruppo religioso alawita a cui appartiene il presidente siriano Bashar al-Assad. Si ritiene che l’Isis controlli meno del 3% del territorio siriano. Al-Baghdadi ha avuto quattro figli dalla sua prima moglie ed un quinto con la sua seconda moglie.

Poco più che adolescente, Hudhayfah al-Badri è stato immortalato nel nuovo template scelto per la Carovana dei Martiri (Caravan of the Shuhada). La nuova grafica predefinita è stata pubblicata per la prima volta il 30 giugno scorso da ISEA o Islamic State East Asia. Il formato utilizzato da ISEA è stato poi adottato in tutte le province (Wilayah) Isis.

Le carovane dei mercanti erano come delle piccole città autosufficienti. Erano sempre scortate da personale armato che forniva protezione ai mercanti ed ai loro beni. Nella narrativa strategica gli Inghimasi sono stati consacrati a difensori della carovana, la comunità musulmana.

La tattica Inghimasi

La tattica Inghimasi dal verbo Inghamasa (انغمس) che significa immergersi, ha lo scopo di infliggere nel nemico il maggior numero di danni. Si riferisce ad un combattente suicida in stile forze speciali che porta con se armi ed una cintura esplosiva che attiva solo quando esaurisce le munizioni o quando si sente minacciato o intrappolato. Gli Inghimasi agiscono essenzialmente come truppe d'assalto con l'obiettivo di ammorbidire le difese dei loro obiettivi militari o civili. L'Isis ha preso in prestito il concetto di Inghimasi da al Qaeda che si ritiene averlo introdotto nel moderno mondo jihadista. Il termine è stato identificato per la prima volta sui social media nel 2011, tuttavia l’origine della parola è ben più antica basti pensare al testo "Qa’ida fi-l-inghimas fi-l-‘adu wa hal yubah?" del teologo arabo ḥanbalita Ibn Taymiyya. Morto nel 1328 a Damasco, Taymiyya è una figura di riferimento del fondamentalismo islamico: molti dei suoi scritti riguardano la condotta islamica in guerra e l'appropriatezza della jihad. Secondo Taymiyya "un combattente musulmano può caricare un gruppo di infedeli in modo tale da sparire in mezzo a loro come un oggetto che affonda in qualcosa che si riversa su di lui". Celebre al riguardo il riferimento alla storia dei "Compagni della fossa". Nella principale opera di ibn Nuhaas, "Mashari’ al-Ashwaq ila Masari’ al-Ushaaq", al concetto Inghimasi è dedicato un intero capitolo.

Al Qaeda definisce i combattenti Inghimasi come "coloro che si immergono nelle file del nemico durante la battaglia, per sacrificarsi e aprire le porte della vittoria per i loro fratelli mujaheddin". L'Inghimasi è descritto come "un lupo solitario, una persona che prende una decisione coraggiosa e la attua sul terreno. Le operazioni Inghimasi sono un'arma letale con cui far tremare il nemico". Ai combattenti Inghimasi “sono destinate le più alte stanze del paradiso”. Gli Inghimasi operano spesso insieme ai martiri (Istishhadiun) con differenti tattiche. Gli Inghimasi operano spesso in gruppo e di solito sono a piedi: sono equipaggiati con armi leggere e granate. Gli Istishhadiun operino da soli in veicoli pieni di esplosivo. A differenza dei martiri, gli Inghimasi possono ritornare alla base se la loro missione è compiuta. Un'operazione Inghimasi è solitamente supportata dall'artiglieria nelle retrovie.

Stato islamico: Inghimasi, il protettore dell'Islam

L'Isis offre alle nuove reclute la possibilità di scegliere il proprio destino: combattente semplice (muqatil), martire (Istishhadiun) o Inghimasi.

Il rango Inghimasi occupa una posizione separata all'interno della propaganda e delle gerarchia militare Isis. Le "caratteristiche speciali richieste sono: forte fede in Allah, buone maniere, altruismo e l'amore del sacrificio per amore di Allah". Un Inghimasi possiede l'abilità e l'addestramento di un muqatil, ma intende morire nel suo attacco come un kamikaze per ottenere il martirio. Essendo unità d'infiltrazione, agli Inghimasi è concesso indossare gli stessi abiti del nemico.

Possono radersi, curare il proprio aspetto fisico in base al contesto e adottare le armi che preferiscono secondo le specifiche esigenze. All'Inghimasi spetta la valutazione tattica sul campo e la decisione sul sistema esplosivo che indosserà. Un Inghimasi può ritornare alla base soltanto se è stato raggiunto l'obiettivo desiderato. A differenza del kamikaze, che può indossare un IED dotato di timer o azionato a distanza, solo l'Inghimasi può innescare la detonazione della cintura esplosiva. All'Inghimasi, infine, la possibilità di indossare un giubbotto balistico. Quest'ultimo non è concepito per garantirgli la sopravvivenza sul campo, ma per consentirgli di utilizzare tutte le munizioni trasportate prima di attivare la detonazione del sistema esplosivo indossato.

La Strategia del Suicidio

Abu Abdullah al-Muhajir offre una soluzione teologica che permette a chiunque lo desideri di eludere le ingiunzioni coraniche contro il suicidio. La sua posizione si riduce allo scopo ed all'intento dell'attacco.

“Il suicidio con l'intento di porre fine al dolore personale è vietato perché implica che la persona in questione sia intenzionalmente ignorante della misericordia di Dio. Tuttavia, se l'intento è quello di sostenere la religione, lo stesso atto diventa qualcosa di onorevole”. Molti teorici prima di lui hanno affrontato la liceità di un attacco suicida, ma Muhajir espande il concetto, abbattendo i precedenti limiti teologici.

“L’attentatore suicida non deve essere considerato come l’ultima risorsa in caso di guerra. L’attacco suicida non deve necessariamente determinare un beneficio per la comunità musulmana o essere concepito esclusivamente per alterare le sorti di un conflitto. Chi vuole morire per la giusta causa, sarà libero di farlo”. Ecco creata la flessibilità necessaria per attivare i martiri utilizzata dall'Isis e da al-Qaeda. Le opere di Abu Abdullah al-Muhajir continueranno a plasmare la traiettoria del militarismo salafista per gli anni a venire.

Perchè i terroristi prediligono l'attacco suicida?

L'attentato suicida è impossibile da prevedere e genera pubblicità. L'attenzione dei media è come l'ossigeno per i terroristi. L'attacco suicida riceve un'enorme copertura mediatica a causa della dinamiche e del danno scioccante inflitto indiscriminatamente contro bersagli e civili inermi. Da non dimenticare, infine, che per un attentato suicida di successo è richiesta poca esperienza e scarse risorse. Pertanto l'attacco suicida è molto più conveniente rispetto ad altre tattiche come la presa di ostaggi che richiede un investimento considerevolmente maggiore nelle risorse, nella pianificazione e nella formazione. Indipendentemente dai loro obiettivi a lungo termine, l'attentato suicida è utilizzato in modo razionale e calcolato dai terroristi. Se utilizzato frequentemente e troppo indiscriminatamente, può diventare meno scioccante nel tempo e persino alienare le popolazioni che i militanti hanno bisogno di sostenere per la loro lotta a lungo termine.

A differenza delle tattiche utilizzate dai kamikaze giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale, gli attentati suicidi sono deliberatamente impiegati dai terroristi per un effetto politico calcolato. Dal 1983 l'attentato suicida è la tattica preferita dai terroristi dallo Sri Lanka alla Cecenia, dall'Afghanistan alla Siria. Le organizzazioni terroristiche sfruttano l’attacco suicida, meccanicamente semplice e tatticamente efficiente, per generare un supporto alla causa. La cintura esplosiva indossata da un kamikaze è la granata a frammentazione perfetta per il duplice motivo di essere intelligente e mimetizzata. Tatticamente parlando a vantaggio dell’attentatore suicida vi è la sua difficile individuazione e la capacità di colpire bersagli altamente sensibili o poco protetti, ma di enorme impatto emotivo è. Se il lone wolf (che solo non è mai) potrebbe essersi evoluto in branco per massimizzare l’efficacia e coordinare gli attacchi, il terrorismo islamico ha già dimostrato il fine delle sue azioni: spettacolarizzare la morte. La sensazione di insicurezza costante, il modificare il proprio stile di vita, il cedere alcune libertà individuali sacrificandole sull’altare della sicurezza: il terrorismo si pone l’obiettivo di scardinare gli schemi classici, modificando e plasmando lo status quo che la società conosce. Il danno inflitto dagli attentati suicidi è sia fisico che psicologico e si basa sull'elemento sorpresa. La sorpresa viene generata trasformando il quotidiano o l’innocenza dei bambini in armi (raramente senzienti).

Ambire al martirio

La vulnerabilità al terrorismo è determinata dall'estrema povertà, dalla scarsa istruzione e dall’instabilità costante. Poiché i bambini hanno meno probabilità di capire la differenza tra bene e male, sono facilmente manipolabili e attirati dalla violenza. Proprio l’istruzione gioca un ruolo fondamentale nel plasmare il futuro di un bambino. Nelle comunità povere ed instabili, i terroristi utilizzano la narrativa strategica per manipolare le giovani menti e portarle alla loro causa. Nella distorta visione della realtà propinata dai terroristi, il martirio diventa un'ambizione per i giovani. Se avessero ricevuto una corretta educazione in un contesto normale, non cercherebbero un valore nella morte. L'economia poi, game changer nella vita di una persona. Nelle nazioni povere i giovanissimi hanno maggiori probabilità di svolgere attività illegali per guadagnare denaro e sostenere la propria famiglia. L’Isis ad esempio è stata una delle prime organizzazioni terroristiche a stipendiare i giovani sotto i 18 anni, cosa che i governi locali non facevano. Negli ambienti instabili, i membri delle organizzazioni terroristiche costringono le famiglie ad inviare i propri figli a combattere per loro. Concentrarsi esclusivamente sulla leadership delle organizzazioni terroristiche non è sufficiente poiché manca il più ampio contesto socio-economico che consente loro il reclutamento. Violenze, umiliazioni e mancanza di opportunità derivano dal fallimento dei sistemi educativi e della stagnazione economica in molte parti del mondo.

Qualsiasi tipo di vittoria non si basa sulla conquista fisica del territorio, ma sulla volontà di piegare la forza di volontà ed il desiderio di combattere del nemico. La visione del mondo salafita jihadista è sia transnazionale che transgenerazionale: l'ideologia non può essere sconfitta militarmente. La stabilità politica gioca un ruolo importante nel mantenere una nazione sicura mentre promuove programmi economici e di sviluppo. Senza tale stabilità è impossibile attuare tali progetti per aiutare i cittadini di una nazione. Il terrorismo è un’ideologia per una guerra di contenuti: istruzione e conoscenza sono strumenti essenziali per sradicare l'estremismo giovanile, motivo per cui è imperativo negare le risorse potenziali da cui attingere. E' opportuno quindi contrastare le istituzioni che assistono i gruppi terroristici nella mobilitazione e nel reclutamento. I leader religiosi dovrebbero condannare l'estremismo giovanile, mentre lo stato dovrebbe costruire sistemi scolastici statali come alternativa a quelli religiosi privati. Necessario, infine, scardinare lo status quo che premia gli attentatori suicidi ed i loro parenti.

L’evoluzione della tattica Inghimasi

I guerrieri Inghimasi

Tali unità sono utilizzate in campo aperto come prima ondata contro posizioni nemiche fortificate, bersagli di alto profilo o a copertura delle forze in ritirata. Sono prevalentemente equipaggiati con giubbotti balistici, armi leggere e cinture esplosive. Per i guerrieri Inghimasi il martirio è probabile, ma solo se necessario. Conclusa l’operazione possono ritornare alla base. I guerrieri Inghimasi possono indossare delle maschere.

Arieti Inghimasi

Nell'evoluzione della minaccia, l'ariete Inghimasi è concepito per un maggiore carico utile. Agisce come moltiplicatore di forze sul campo, in prevalenza a copertura delle forze in ritirata. E' solitamente equipaggiato con giubbotti balistici, mitragliatrici leggere e potenti cinture esplosive. Anche gli arieti Inghimasi possono indossare delle maschere.

Gli Inghimasi ombra

La tattica ombra Inghimasi è concepita per devastare il morale delle truppe nemiche. Gli Inghimasi ombra si infiltrano nelle strutture nemiche compiendo attacchi mirati contro i soldati. Sono prevalentemente armati con armi leggere e cinture esplosive.

Lupi Inghimasi

E’ l’evoluzione Inghimasi in contesto urbano. Tali operazioni sono concepite per colpire ambienti morbidi. I lupi Inghimasi sono equipaggiati con armi leggere e cinture esplosive: possono indossare delle maschere. Al teatro Bataclan, Sami Amimour, Omar Ismail Mustefai e Fouad Mohamed Aggad hanno condotto un'operazione in stile Inghimasi, uccidento gli ostaggi prima di farsi esplodere. Nel rivendicare la responsabilità per gli attacchi di Parigi, l’Isis non utilizzò la parola Inghimasi affermando: “Allah ha aiutato i nostri fratelli donando loro ciò che più desideravano (martirio). I nostri fratelli hanno innescato le loro cinture nel mezzo di questi kufaar dopo aver esaurito le loro munizioni”. Parigi rappresentò l’evoluzione urbana della tattica Inghimasi. Le tattiche Inghimasi siano state adottate dai terroristi per le operazioni all'estero di alto profilo

La portata di un attacco Inghimasi

A differenza delle tattiche adottate dai kamikaze, le operazioni Inghimasi sono concepite per la massima diffusione sulla rete e la profondita digitale. Attacchi Inghimasi sono già stati trasmessi in diretta streaming su diversi canali. L’Isis ha perfezionato l’utilizzo di internet, ottimizzando una macchina della propaganda pronta ad attivarsi per esaltare le gesta di un attentato nel mondo. Le operazioni Inghimasi attirano l'attenzione dei media offrendo al pubblico l'opportunità di condividere i contenuti online in tempo reale.

Stato islamico: I Cavalieri del Martirio

Per indicare le operazioni suicide, lo Stato islamico utilizza la frase Cavalieri del Martirio. La parola "cavaliere" (Faris) inizia ad essere utilizzata sempre più spesso. Con il termine Faris si indentifica il cavaliere musulmano: senza paura, giusto e pronto a difendere l'Islam. L’adozione del concetto di “Campioni” alla stregua dei Mubarizun nella propaganda jihadista inizia a presentarsi con una certa periodicità. Ad esempio per il giovane responsabile dell'attentato avvenuto il 12 luglio scorso durante un comizio elettorale in Baluchistan, in Pakistan, lo Stato Islamico del Khorasan ha utilizzato la parola Campione nel video "I Cavalieri del Martirio" diffuso sulla rete 24 ore dopo. Il dodicenne, equipaggiato con un pesante giubbotto esplosivo, ha lasciato sul campo 128 morti ed oltre 200 feriti. Quel bambino è stato prescelto dai terroristi come testimonial per la campagna di reclutamento dei giovani martiri consacrati sul campo a Cavalieri.

Da rilevare, infine, che la parola نهضة che potremmo tradurre in risveglio inizia ad essere associata indistantamente per le sole operazioni dei distaccamenti dello Stato islamico.

La formula utilizzata per rivendicare le operazioni dei soldati (azione ispirata senza alcun tipo di collegamento con il ramo principale del movimento) non ha subito variazione negli ultimi 18 mesi.

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