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Catalogna, domani il Parlamento si riunisce per eleggere il presidente

Il presidente del parlamento della Catalogna, Roger Torrent, ha convocato per domani alle 17:00 la sessione plenaria per eleggere il presidente. Il nome forte è Jordi Turull, candidato del blocco indipendentista. Ma ora rischia il processo

Catalogna, domani il Parlamento si riunisce per eleggere il presidente

Per la presidenza della Catalogna sono ore febbrili e domani potrebbe esserci la prima svolta. Roger Torrent, presidente del Parlamento, ha convocato per domani alle 17:00 la sessione di investitura di Jordi Turull come candidato alla presidenza della Generalitat. In un discorso in aula, il presidente del parlamento dell'autonomia catalana ha parlato, ancora una volta, del problema degli indipendentisti detenuti e delle inevitabili interferenze giudiziarie all'interno del processo di scelta del candidati. Molti sono sotto inchiesta, altri in prigione. In generale, su tutti vige un alone di sospetto per aver comunque infranto o tentato di infrangere la costituzione spagnola e lo statuto d'autonomia della Catalogna. Il giudice della Corte suprema, Pablo Llarena, ha già dichiarato di essere pronto a perseguire Turull, tra gli altri leader del processo di indipendenza, già dal prossimo venerdì. E proprio per questo, Torrent ha voluto dare un'accelerata.

La previsione del presidente del parlamento e del blocco indipendentista che appoggia la candidatura di Turull, è che questi venga eletto già al primo turno con una maggioranza assoluta grazie a Junts per Catalunya ed Esquerra republicana che, per questa volta, avranno l'appoggio anche dei pochi ma decisivi consiglieri della Cup. La Cup, movimento radicale di sinistra, aveva programmato di astenersi, ma le dichiarazioni di Llarena hanno cambiato le carte in tavola. Adesso gli indipendentisti hanno di nuovo un nemico comune e quindi, un motivo per unirsi: l'interferenza dei giudici.

I deputati di Junts per Catalunya hanno tenuto una videoconferenza con Carles Puigdemont questo pomeriggio nel Parlamento. L'ex presidente catalano, dal suo autoesilio in giro per l'Europa, continua ad avere un ruolo importantissimo nelle dinamiche catalane e sono in molti ad aver sperato che potesse essere candidato lui come presidente, nonostante l'esilio a Bruxelles.

I partiti del blocco costituzionalista della Catalogna, in cui regna sovrano Ciudadanos, partito più votato nelle scorse elezioni della comunità autonoma, hanno manifestato questa mattina il loro netto rifiuto al fatto che Turull sia candidato. E il motivo è anche abbastanza ovvio: come per molti altri indipendentisti, ritengono che non sia in grado di esercitare completamente le sue funzioni nel momento in cui è immerso in un procedimento giudiziario che potrebbe anche condurlo al carcere.

Miquel Iceta, del Partito socialista catalano, ha mandato un messaggio chiaro, questa sera, al presidente Torrent, dicendosi contrario a queste forme di "forzature e scadenze" per arrivare all'investitura del candidato di Junts per Catalunya. Inés Arrimadas, leader di Ciudadanos, ha scritto su Twitter che è "una vergogna che continuino a degradare il Parlament, usandolo come proprio palcoscenico per lo spettacolo del processo indipendentista e per continuare ad alimentare lo scontro". Il presidente del Partido popular catalano, Xavier Garcia Albiol, ha considerato "una truffa alla legge" la convocazione della sessione plenaria.

Ora sono tutti in attesa del pomeriggio di domani. Se il voto avrà esito positivo, il movimento indipendentista avrà ottenuto un'importante vittoria politica e d'immagine: riuscire a ripristinare il controllo del blocco sulle più alte cariche della comunità. Ma il rischio che si riapra una fase di scontro è inevitabile. Da un lato il mondo politico costituzionale fa leva sulla forza della legge. E in questo, i giudici sono divenuti fondamentali.

Ma il rischio è che siano gli stessi giudici, con il loro lavoro, a dare man forte agli indipendentisti, che trovano unità d'intenti proprio grazie alla fisiologica avversione dei tribunali all'operazione politica secessionista.

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