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Il fratello di Chekatt: "Mai stato bambino di cuore. Subìto lavaggio cervello"

Il congiunto dell’attentatore parla di una deriva inarrestabile verso il radicalismo religioso, ma esprime tutto il dolore per non aver potuto far nulla per arginarla

Il fratello di Chekatt: "Mai stato bambino di cuore. Subìto lavaggio cervello"

Il fratello dell’attentatore di Strasburgo Chérif Chekatt ha rilasciato un’intervista a Rtl dopo i 4 giorni di fermo subìti, dando voce ai suoi profondi rimpianti per quanto accaduto e per la deriva presa dalla vita del congiunto.

L’uomo si era presentato spontaneamente alla stazione di polizia dopo la diffusione delle notizie relative all’attacco terroristico, unitamente ai genitori e ad un altro fratello. Da quel momento in poi i 4 sono stati tenuti in custodia per accertamenti. Tutto questo fino allo scorso sabato, quando sono stati rimessi in libertà dopo 96 ore.

Ed è proprio dopo il periodo di custodia che il fratello di Chekatt ha deciso di parlare, sfogando tutta la frustrazione per la macchia indelebile dell’attentato e per una situazione vissuta in casa rivelatasi totalmente fuori controllo. L’attentatore di Strasburgo viene descritto come un delinquente, in totale rottura con la società. “Non è mai stato un bambino di cuore”, rivela all’emittente radiofonica, come riportato da "EstRepubliquain". Ben 27 le condanne subìte da Chekatt, non solo in Francia ma anche in Svizzera ed in Germania, soprattutto per reati di violenza e furto. “Chérif aveva sviluppato per molti anni una posizione molto dura e rigida per quanto riguarda la religione. La sua pericolosità ed il sospetto che fosse un soggetto a rischio attentati era stata fissata a livello S, e la sua evidente radicalizzazione era emersa con forza fin dal suo fermo nel 2008. “In carcere aveva affisso una foto di Bin Laden.

Il giornalista incalza l’intervistato, chiedendogli se Chérif avesse davvero aderito alle tesi dell’organizzazione terroristica Daesh, arrivando a farne parte. In questo caso il fratello di Chekatt indugia, ma poi prosegue parlando piuttosto di un “lavaggio del cervello” subìto dal congiunto e di una “deriva personale” non per forza connessa con l’organizzazione stessa.

Dopo di che arriva il profondo dolore espresso per quanto accaduto, che si unisce a quello per non esser stato in grado di arginare la sopra citata deriva. “Ciascuno ha una parte di responsabilità, dice al giornalista l’uomo, che alla fine, vista l’impossibilità di riportare Chérif sulla retta via, aveva finito per prenderne le distanze.

Parole di cordoglio espresse per le vittime dell’attentato, salite ora a 5, e per le loro famiglie, anche se l’uomo è ben consapevole che nulla “potrà mai arrivare a lenire quel dolore”.

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