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Chiesa d'Inghilterra dà via libera alla messa in arabo e in farsi

L'introduzione, da parte del Sinodo Generale anglicano, di "funzioni religiose in lingue orientali" è stata subito bollata dagli ambienti conservatori del Regno Unito come suscettibile di "snaturare" le tradizioni nazionali

Chiesa d'Inghilterra dà via libera alla messa in arabo e in farsi

La Chiesa d'Inghilterra ha di recente varato l'introduzione della "messa in arabo" e di quella in "farsi".

La decisione del Sinodo Generale anglicano di celebrare la liturgia canonica negli idiomi originari, rispettivamente, della penisola arabica e dell'Iran è stata presentata da costoro come una svolta capace di "favorire l'integrazione degli immigrati nella società britannica". Grazie all'"aggiornamento linguistico" della messa tradizionale, gli stranieri residenti nel Regno Unito si sentirebbero infatti, a detta dei vescovi intervenuti al Sinodo, "maggiormente inclini a divenire parti integranti della cultura e delle tradizioni del Regno Unito".

A sollecitare con forza l'introduzione, da parte di tale organo ecclesiastico collegiale, della liturgia in arabo e in farsi è stato il vescovo di Loughborough, Guli Francis-Dehqani, donna originaria dell'Iran. Costei ha presentato tale svolta linguistica come diretta ad "adeguare" cerimonie antiche di secoli all'"attuale contesto multietnico" presente in Gran Bretagna. La "prima messa non in lingua inglese nella storia del Regno Unito" verrà celebrata il prossimo 10 marzo nella cattedrale anglicana di Wakefield, nello Yorkshire.

L'introduzione, da parte del Sinodo, di "funzioni religiose in lingue orientali" è stata subito bollata dagli ambienti conservatori del Paese come suscettibile di "snaturare" le tradizioni nazionali. Ad esempio, Philip North, vescovo di Burnley, ha criticato la svolta in questione sottolineando che la "vera integrazione" degli immigrati nella società del Regno Unito potrà avvenire soltanto attraverso la "progressiva acquisizione", da parte di costoro, dei "principi della lingua e della cultura inglesi".

Di conseguenza, a detta di North, adeguare la liturgia al "retroterra idiomatico-culturale" delle comunità straniere rappresenterebbe una vera e propria "resa" delle istituzioni religiose britanniche, ormai "irrimediabilmente incapaci" di indurre i cittadini esteri ad "assimilare lingua e costumi" del Paese anglosassone.

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