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Il conflitto dimenticato tra cristiani e musulmani

Parte un nuovo grande reportage per raccontare il dramma dimenticato dei cristiani nella Repubblica Centro Africana

Il conflitto dimenticato tra cristiani e musulmani

C'è un rituale, che confessiamo a voi lettori, che ci accompagna durante i nostri reportage. Una fotografia, realizzata con l'autoscatto, che ci ritrae al termine di ogni servizio, in ciascuno di quei Paesi dove da alcuni anni ci rechiamo per raccontare guerre e situazioni di crisi.

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È uno scongiuro scaramantico, un rito scanzonato, nato per casualità, ma nel quale si confida per senso del dovere, di inconscia devozione alla superstizione e ontologica predisposizione a cercare in un gesto irriverente un'esorcizzazione della tragedia, un'ode a chi nell'orrore non cede alla caducità delle speranze e, allo stesso tempo, anche uno sberleffo, fatto con un sorriso, a chi invece fa di terrore e conflitti un baluardo e una prerogativa dell'essere.

Il nostro lavoro giornalistico in Africa ha avuto inizio a Mogadiscio, nella capitale della Somalia, dove ci siamo recati per descrivere la guerra del terrore condotta dal gruppo jihadista Al Shabab, (GUARDA IL REPORTAGE) poi, nella Repubblica democratica del Congo, nei giorni della ribellione degli M23 e dell'odio etnico tra hutu e tutsi (GUARDA IL REPORTAGE).

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Ma la condanna a cui sembra essere maledetta l'Africa ci ha portati anche in Nigeria del Nord (GUARDA IL REPORTAGE) per conoscere la guerra del terrore di Boko Haram e il conflitto tra cristiani e musulmani.

Ci siamo nascosti nelle trincee disseminate sui Monti Nuba, in Sudan, durante i bombardamenti dell'aviazione di Omar al Bashir, e abbiamo convissuto con i guerriglieri dell'Spla-N, apprendendo così il lirismo della fierezza e dell'orgoglio di un popolo che continua a lottare per la sua terra e per un futuro di pace. (GUARDA IL REPORTAGE)

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Oggi, cari lettori e sostenitori degli “Occhi della Guerra”, siamo in partenza per la Repubblica Centrafricana, per raccontare un Paese che è stato travolto da una guerra civile che, epigona dei conflitti d'Africa, ha visto maturare in se stessa gli elementi più brutali della tragedia bellica.

Era il dicembre 2012 quando la formazione dei Seleka, un esercito ribelle composto da mercenari ciadiani e sudanesi oltre che da miliziani musulmani, prese il potere e diede origine a un'esplosione di violenza cieca contro la popolazione cristiana. Ma, siccome ad azione corrisponde reazione, fu così che si formarono milizie di autodifesa cristiane: gli Anti-Balaka colpevoli, pure loro, di stragi ed esecuzioni sommarie e indiscriminate. Milioni i profughi, migliaia i morti e oggi il governo appare impotente di fronte al prosieguo delle violenze. E le milizie rimangono sempre sul piede di guerra. Sul campo, presenti da settembre, i caschi blu della Minusca e il contingente Eufor-Rca, di cui fanno parte anche gli Alpini della Julia che hanno preso il testimone lasciato dagli uomini dell' ottavo reggimento della Folgore, e sono impegnati nella realizzazione di opere di bonifica e di ripristino della viabilità all'interno della capitale Bangui.
Noi andremo a documentare la situazione attuale, incontrando i contingenti internazionali schierati sul terreno e i civili che stanno subendo la violenza da oltre due anni. Ci spingeremo nei campi profughi e vogliamo intervistare anche le formazioni ribelli. Massima attenzione la dedicheremo agli attori della ricostruzione, come il vescovo di Bangui Dieudonnè Nzapalainga e l'imam Omar Kobine Layama, impegnati fianco a fianco nella diffusione di una cultura di fratellanza religiosa.
Saremo nel cuore del continente africano per raccontarvi tutto questo e nella nostra rituale diapositiva di fine lavoro, oniricamente quindi, ci sarete anche voi che ci avete sostenuto, supportato e che come noi pensate che una guerra vada descritta, denunciata e che in ogni dove si debba portare un taccuino e una macchina fotografica. Perché non ci si rassegni al fatalismo, ma si continui invece, anche attraverso un reportage, a mantenere viva la convinzione che nulla mai debba essere dato per perduto.

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CHI SIAMO?

Daniele Bellocchio

Marco Gualazzini

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