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Conoscere la Cina: benvenuti al Museo Qingdeng

Il Museo Qingdeng dell’Arte della Scultura in Pietra, aperto il 28 settembre scorso nella settimana della Festa nazionale cinese, è uno dei più interessanti di tutta la Cina

Conoscere la Cina: benvenuti al Museo Qingdeng

I motivi incisi sulla pietra rappresentano le prime forme di pensiero dell’umanità. Anche i primi edifici al mondo rimasti finora sono in pietra. Nel tempo, la solida pietra ha fatto da vettore sia della civiltà umana che della memoria di una città. Il Museo Qingdeng dell’Arte della Scultura in Pietra, aperto il 28 settembre scorso nella settimana della Festa nazionale cinese, è situato lungo la riva del fiume Tanghe, nel borgo di Shangcai del distretto Ouhai di Wenzhou. I wenzhounesi attendevano da tempo l’inaugurazione di questa straordinaria struttura, che racconta la memoria culturale e i cambiamenti storici della loro città attraverso la testimonianza delle pietre. Oltre ai pregevoli reperti esposti all’interno, a impressionare di più è il corpo stesso del museo, un edificio di due piani realizzato con quasi 800.000 blocchi di pietra delle epoche Ming e Qing, che lo rendono perciò un vero e proprio monumento.

Questo straordinario museo non è un progetto statale, ma privato: si deve a Zhang Jincheng, collezionista di Wenzhou, che per 13 anni ha setacciato oltre 200 villaggi della zona raccogliendo centinaia di eccellenti sculture ed elementi architettonici in pietra e sborsando di
tasca propria ben 45 milioni di yuan. 500 metri di strada, un salto di 1000 anni Chi si avvicina al museo sente di entrare nel tunnel della Storia. Il sentiero che lo circonda è ricoperto di lastre di pietra di diverse epoche e 500 metri di strada permettono di fare un salto di
mille anni. La magia dell’architettura tradizionale di Wenzhou ti avvolge salendo i gradini delle scale o toccando i mattoni scolpiti. Gli oltre 6.000 metri quadrati del corpo principale del museo e tutti i particolari della decorazione derivano dal recupero, restauro e assemblaggio delle lastre di pietra di 15 ponti delle epoche Tang, Song e Yuan, e da migliaia di blocchi di pietra, da oltre 500 sculture su mattone e circa 800.000 mattoni appartenenti a 689 residenze demolite, risalenti alle epoche Ming e Qing.

L’interno è ancora più impressionante: elementi architettonici di pagode raffiguranti apsaras volanti delle epoche Tang e Wudai (618-965) e di pagode di Asoka dell’epoca Houliang (907- 923); la tavola lapidea con l’iscrizione “Qieyuan” del giardino governativo di Wenzhou del periodo di regno dell’imperatore Guangxu (1875-1908); un contenitore rituale di “funghi della longevità” di epoca Ming (1368-1644); una meridiana di epoca Qing (1644-1911). I pregevoli reperti esposti, che coprono il periodo dall’epoca Tang-Wudai all’epoca Qing, si suddividono in tre categorie: sculture e iscrizioni buddiste, iscrizioni su steli ed elementi architettonici in pietra. Le prime risalgono principalmente all’epoca Song (960-1279), le seconde sono opera di eminenti esponenti della storia della cultura di Wenzhou, mentre le ultime dimostrano l’alto livello artigianale dell’architettura classica di Wenzhou e del sud dello Zhejiang.

Un museo particolare

A differenza della maggior parte dei musei, qui tutti i reperti sono privi di teche di vetro, quindi si possono toccare, un contatto diretto che permette al visitatore di accarezzare le tracce del tempo. A capofitto in un cumulo di pietre Ciò che colpisce di più del fondatore del museo, Zhang Jincheng, oltre alla corporatura atletica e all’abbronzatura, sono la barba e la voce squillante, indice di un carattere franco e aperto. Agli occhi di chi lo conosce, Jincheng è uno che va sempre al massimo, sempre e ovunque. In gioventù, è stato atleta professionista della nazionale cinese di ciclocross, con all’attivo 56 premi di livello nazionale, asiatico e internazionale. Nel 2006 ha raggiunto in bicicletta la cima della Jinmao Tower di Shanghai, 88 piani, segnando un nuovo record mondiale di ciclocross con un’impresa riportata dai giornali del mondo intero. “Nello sport ho dato il meglio di me stesso, quindi non ho alcun rimpianto.” A 28 anni, al culmine della carriera sportiva, Jincheng ha scelto di ritirarsi, dedicandosi a tempo pieno al sogno, coltivato da tempo, del collezionismo.
In questa nuova veste egli ha scelto per sé il soprannome Qingdeng, che significa “lanterna che illumina”, un simbolo di luce e di speranza, cioè. Nel 2006 è venuto in possesso del suo primo reperto - un elemento di un arco rituale, di epoca Qing, da Huling (Ruian) – e ciò ha segnato l’inizio della sua carriera di collezionista di sculture in pietra. “Tredici anni fa, i repentini cambiamenti nella città di Wenzhou - distese di edifici tradizionali demoliti, magnifici elementi architettonici, pregni di cultura e di dignità, gettati nell’immondizia - mi hanno profondamente scosso e addolorato. Lo trovavo inammissibile”, racconta. Egli sentì anche dire che i contadini vendevano a collezionisti di Ningbo, di Taiwan e, addirittura, del Giappone e della Corea del Sud le pietre rimosse dalle loro vecchie case. E pensò: non sarebbe meglio che il patrimonio di Wenzhou rimanesse sul posto? Senza ancora avere in mente un chiaro obiettivo finale, l’attivissimo Jincheng iniziò a raccogliere informazioni tramite vari canali, ad acquistare quantità di pietre di valore e a cercare sedi adatte alla loro conservazione per categorie.

“Anche se gli amici mi davano del pazzo vedendomi spendere un’infinità di soldi per comprare pietre, io ero sempre più preso da questa passione.” Jincheng osserva ridendo: “In questi anni, mi sono gettato a capofitto in un cumulo di pietre”. Da tempo, Jincheng monitora gli antichi edifici che, pur possedendo valore storico e culturale, vengono inseriti nella lista delle demolizioni. Se viene a sapere che un arco rituale o un ponte in pietra sarà demolito o che una vecchia casa verrà distrutta per costruirne una nuova... egli piomba sul posto per salvare il salvabile. Per “villaggi dentro la città” inseriti nei piani di demolizione, egli presenta un rapporto ai dipartimenti competenti, richiedendo la preservazione delle sculture in quanto pietra di valore. Prima della demolizione, gli operai di Jincheng smontano le lastre e le sculture in pietra, i mattoni, le recinzioni dei vecchi pozzi e gli antichi portali che in seguito vengono fotografati, misurati e numerati, così da garantire una conservazione perfetta. Vista la difficoltà di disporre di corrette informazioni da località piuttosto distanti, Jincheng
sceglie di visitarle periodicamente. Oltre a stabilire contatti a lungo termine con i responsabili locali delle cittadine e dei villaggi, egli assume anche locali nella veste di “informatori”. Afferma con orgoglio: “ho memorizzato la completa struttura di molti villaggi di Wenzhou”. Ogni mattone e pietra del Museo Qingdeng dell’Arte della Scultura in Pietra è il frutto di una frenetica corsa contro il tempo, durata 13 anni, del fondatore.

Nel frattempo, più la collezione si arricchiva, più chiaro diventava finalmente l’obiettivo finale: le sculture in pietra sono il vettore della straordinaria sapienza e abilità degli artigiani del passato, rappresentano le caratteristiche estetiche e il livello artigianale di una certa epoca e sono la testimonianza dello sviluppo storico e culturale di una città. La loro scomparsa implica la perdita della memoria urbana.
“Preservare la memoria urbana, far rifiorire la vena culturale della città” Una buona presentazione è fondamentale per la trasmissione della cultura. Jincheng ha maturato l’idea del Museo dell’Arte della Scultura in Pietra nel 2016. Con l’aumentare dei pezzi della collezione, anche le sue ambizioni si ampliavano e di conseguenza nel 2016 egli avanzò al governo del distretto di Ouhai la proposta di costruire un gruppo di musei nel futuro centro ecologico della città, sulla riva del fiume Tanghe. Il Museo dell’Arte della Scultura in Pietra è uno di questi progetti. L’idea ottenne il completo appoggio del governo distrettuale. Jincheng promise apertamente che il terreno concesso dal governo sarebbe rimasto di proprietà statale, che egli si sarebbe fatto carico delle spese di costruzione del museo senza chiedere un soldo allo Stato, che in futuro i reperti sarebbero stati donati allo Stato, mantenendo la visita al museo gratuita.

I lavori di costruzione sono iniziati nel maggio del 2017 lungo un tratto spettacolare della riva del fiume Tanghe. “L’attività sportiva mi ha richiesto sforzi sovrumani” afferma Jincheng, “ma sono nulla in paragone alle difficoltà e alle sfide incontrate nel corso della raccolta dei materiali e della costruzione del museo”. In 3 anni, sono state necessarie 15.000 ore di lavoro di una ventina di artigiani ultrasettantenni delle contee di Taishun e di Wencheng, i quali, con le tecniche tradizionali tramandate nel tempo, hanno riassemblato pietre e mattoni, realizzando un museo del tutto artigianale. Per la supervisione dell’immane progetto, per anni Jincheng è arrivato al cantiere ogni giorno prima dell’alba, rimanendovi sino al tramonto. Ogni reperto dispone di un codice che permette di accedere a testi, immagini e video che ne illustrano la provenienza, mentre i pezzi di grandi dimensioni, come i portali, sono dotati del codice QR, la cui scansione permette ai visitatori di vedere video sulla loro storia. Ai quattro angoli del museo, quattro magazzini sotterranei ospitano i materiali lapidei necessari ai futuri, possibili restauri sia del museo sia degli antichi edifici della città che ne hanno bisogno. “Preservare la memoria urbana, far rifiorire la vena culturale della città”.

E’ la dedica del famoso collezionista Ma Weidu, che campeggia di fronte al museo ed esprime alla perfezione la funzione e la missione di questa grande opera.

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