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La Corea del Nord nega l'attacco a Sony Obama: reagiremo

Kim Jong-un arriva a minacciare "conseguenze gravi" per gli Usa. E nega l'attacco a Sony

La Corea del Nord nega l'attacco a Sony Obama: reagiremo

Che cosa significa «risponderemo in modo proporzionale nei modi e nei tempi che vorremo e che certo non posso rivelare qui?». Le parole usate venerdì da Obama dopo l'attacco cibernetico della Corea del Nord, che ha indotto la multinazionale Sony a ritirare un film in cui si ipotizzava un attentato al leader Kim Jong-un lasciano il mondo con il fiato sospeso. Che l'America debba reagire, non c'è alcun dubbio: non può permettere, come ha detto lo stesso presidente, che un qualsiasi dittatore attenti alla sua libertà di espressione fino a costringere una grande azienda a cedere al ricatto; non può, a rischio che altri avversari ricorrano al medesimo strumento per i loro fini, lasciare impunito un attacco cibernetico che, per le sue caratteristiche e per la sua violenza (un sito di hacker chiamato ironicamente Guardiani della pace ha addirittura minacciato un nuovo 11 settembre se la pellicola fosse stata diffusa) non ha precedenti. L'Fbi, dopo una lunga indagine, si dice sicuro che l'attacco arrivi da Pyongyang, ed anche la Crowdstrike, la maggiore agenzia per la sicurezza informatica, lo ha confermato. Ieri la Corea del Nord ha ufficialmente smentito il suo coinvolgimento, proponendo a Washington una «indagine congiunta», assicurando di avere le prove della propria estraneità all'operazione e minacciando «gravi conseguenze» se la sua proposta non sarà accettata. Ma, vista la ben nota abitudine di Pyongyang a mentire, e i numerosi precedenti di incursioni nordcoreane nei computer di istituzioni di altri Paesi, nessuno le presta fede. L'America sa da tempo che Kim Jong-un dispone di un esercito di 1.800, e forse addirittura tremila hacker (alcuni sarebbero dislocati in Cina) e che è responsabile per gli attacchi del 2009 alla presidenza della repubblica e al ministero della Difesa sudcoreani e al Ministero dell'Economia degli Usa e di quello - devastante - del 2013 alle banche di Seul. Tuttavia, distruggere la struttura responsabile di queste incursioni, denominata «Ufficio 121» è tutt'altro che facile, e reazioni di tipo più convenzionale, affidate alle Forze armate, potrebbero avere conseguenze pericolose. Kim è un personaggio imprevedibile, e purtroppo dispone di 8-10 ordigni nucleari.

Possiamo dire, comunque, che l'attacco alla Sony, che Obama ha severamente rimproverato per il suo cedimento (ma, dopo il rifiuto dell'80% delle sale cinematografiche e delle maggiori reti televisive a proiettare il film, la società si è impegnata a trovare altri canali per diffonderlo) ha aperto una nuova era nella guerra cibernetica. Una guerra mai dichiarata, basata non solo sulla tecnologia, ma anche sull'abilità di operatori, talvolta addirittura minorenni, che vengono spesso reclutati tra coloro che hanno cominciato la loro attività violando la legge. Ormai quasi tutti i Paesi dispongono di squadre specializzate sia negli attacchi cibernetici a obbiettivi «nemici», sia nella difesa della propria rete dalle incursioni altrui. È leggendario il modo in cui gli israeliani - con il probabile aiuto americano - sono riusciti a introdurre nel sistema informatico iraniano un virus che ha bloccato per parecchio tempo le attività dirette alla fabbricazione della bomba atomica. I russi, a loro volta, hanno condotto una guerra cibernetica segreta contro l'Ucraina, e i cinesi hanno attaccato a più riprese aziende americane, allo scopo di sottrarre loro segreti industriali. La novità, nella vicenda della Sony, è che i nordcoreani hanno penetrato e devastato il sistema informatico dell'azienda a scopo puramente intimidatorio, ottenendo il risultato che si proponevano e creando un precedente pericolosissimo.

Dunque, come reagire? Fleming Rose, direttore della rivista danese che subì gravi minacce dai musulmani per avere pubblicato una vignetta in cui Maometto nascondeva una bomba nel turbante, fa notare che, da allora, nessuno in Europa osa più stampare materiale offensivo per il profeta e suggerisce che l'America risponda invece con una raffica di film e telefilm che prendono in giro Kim Jong-un. Potrebbe essere un'idea, ma difficilmente Obama se ne accontenterà.

Aspettiamoci qualcosa di più, e un inevitabile aumento della tensione con l'ultimo Paese stalinista del mondo.

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