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Corte Ue condanna la Le Pen: "Pagò bodyguard con soldi pubblici"

La leader nazionalista francese ha affermato che il verdetto a lei sfavorevole non fermerà affatto il suo impegno a difesa dei cittadini “penalizzati dalle decisioni arroganti e ottuse di Bruxelles”

Corte Ue condanna la Le Pen: "Pagò bodyguard con soldi pubblici"

Marine Le Pen, leader del Rassemblement National (Rn), è stata condannata dal Tribunale dell’Unione europea per “appropriazione indebita” dei fondi dell’europarlamento. Le indagini a carico della leader nazionalista francese erano state avviate nel 2014 dall’Ufficio europeo per la Lotta Antifrode (Olaf).

I giudici hanno convalidato la tesi accusatoria, contestando alla presidente dell’Rn l’utilizzo “per fini privati” dei rimborsi concessi dall’assemblea di Strasburgo. Secondo gli inquirenti, la Le Pen, nel 2011, avrebbe impiegato il suo assegno da europarlamentare, ossia soldi pubblici, non per attività istituzionali o comunque connesse allo svolgimento del mandato elettorale, bensì per pagare il proprio “bodyguard personale”. In quell’anno, l’esponente “antisistema” avrebbe infatti assunto tale individuo accordandogli un compenso di “oltre diecimila euro mensili”. Il rapporto di lavoro non sarebbe durato più di tre mesi, ma in quel lasso di tempo, ad avviso dei magistrati, la Le Pen avrebbe elargito alla guardia del corpo, complessivamente, ben “46.902 euro”, tutto denaro proveniente dal bilancio dell’istituzione parlamentare Ue. La somma in questione, in base al verdetto del Tribunale, dovrà essere “al più presto” restituita dalla presidente dell’Rn alle casse dell’assemblea di Strasburgo. La sentenza potrà essere impugnata dall’eurodeputata davanti alla Corte di giustizia dell'Unione.

La Le Pen ha reagito con indignazione alla decisione dei giudici di Lussemburgo, accusando sia i magistrati sia i funzionari dell’Olaf di avere imbastito un processo basato su “valutazioni palesemente sbagliate, abusi di potere, assenza di imparzialità e pregiudizi politici”.

L’esponente nazionalista ha quindi affermato di avere sempre orientato la propria attività parlamentare al rispetto dei valori della “trasparenza” e dell’“onestà” e ha poi assicurato che tale sentenza non fermerà affatto il suo impegno a difesa dei cittadini comuni “penalizzati dalle decisioni arroganti e ottuse di Bruxelles”.

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