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Così l’Arabia Saudita ha fatto saltare il tavolo siriano con gli iraniani

Provocando il mondo sciita, non solo Riad ha sabotato le trattative in corso (l’incontro di Ginevra slitterà quasi sicuramente) ma in più ha reso un favore a Daesh, la cui retorica e pratica si basa soprattutto sull’esasperazione delle divisioni politiche e confessionali tra sciiti e sunniti

Così l’Arabia Saudita ha fatto saltare il tavolo siriano con gli iraniani

Erano più di 30 anni che l’Arabia Saudita non praticava un’esecuzione di massa. L’ultima volta fu durante la presa della Mecca del 1980 dopo che vennero arrestati gli insorti che per quasi un mese avevano occupato la Grande Moschea. La recente esecuzione di 47 persone, tra cui quella del leader sciita Nimr Bakr al Nimr, si è perpetuata in questo momento storico per dei motivi ben precisi. Esiste innanzitutto un fattore interno: la volontà di Salman, re appartenente alla nuova generazione, era quello di apparire nella sua cerchia come un leader forte che non ha paura di usare dalla forza. Esiste poi un fattore economico: quest’anno è esploso il deficit pubblico della monarchia a causa della crisi petrolifera con il prezzo del barile al di sotto dei 40 dollari. Furono i sauditi ad abbassarlo per contrastare i produttori americani che avevano messo sul mercato l’olio di scisto, una minaccia per il potere contrattuale saudita nella conquista del Medio Oriente. Si tratta dunque di un messaggio diretto a Obama che fra le altre cose - come scrive Alberto Negri sul Sole 24 Ore - “ha voluto l’accordo sul nucleare con l’arcinemico iraniano”. Infine esiste un fattore esterno: si tratta di un chiara provocazione nei confronti dell'Iran sciita, che in Siria, Libano e Yemen combatte una sorta di guerra per procura, in cui è in gioco c’è il primato religioso, dunque politico, di tutta la regione.

In realtà però c’è uno terreno di guerra, quello siriano, che interessa più degli altri perché a differenza degli altri determinerà chi tra i due Paesi avrà la meglio in Medio Oriente. L’esecuzione del religioso al Nimr infatti giunge alcuni giorni dopo l’eliminazione dell’uomo dei sauditi Zahran Alloush. Riad, forte della sua posizione all’interno delle Nazioni Unite dove presiede il Gruppo consultivo del Consiglio per i diritti umani (sic!), non aspettava altro che l’insurrezione del mondo sciita. Così è stato. A Baghdad sono state bruciate due moschee sunnite, a Teheran e a Mashhad sono state attaccate rispettivamente l’ambasciata e il consolato saudita, da Beirut è stato lanciato un avvertimento alla Casa Saud da parte del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah.

La reazione dell’Onu è stata perfettamente organica a questo disegno. Nel testo si legge che il governo iraniano è invitato “a rispettare i suoi obblighi internazionali di proteggere le sedi diplomatiche” ma non vengono menzionate le cause che hanno provocato la sollevazione popolare. L’obiettivo primordiale dell’Arabia Saudita sembra quello di voler sabotare i negoziati in corso ed impedire che si arrivi ad accordi siglati col contributo del governo di Teheran. Proprio nell’ultimo periodo a dettare l’agenda diplomatica del dossier siriano erano stati iraniani e russi. Mosca e Washington avevano trovato un accordo sulla scia degli incontri di Vienna al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni (fu approvata all’unanimità la risoluzione 2254). Il documento - che non menziona Bashar Al Assad in nessun momento - afferma di tutelare la Repubblica Araba Siriana e sostenere un governo di unità nazionale con successiva elezione del presidente. Il prossimo incontro si sarebbe dovuto svolgere a Ginevra sotto la sorveglianza dell’inviato speciale dell’Onu in Siria, Staffan de Mistura, e avrebbe dovuto far sedere intorno allo stesso tavolo Iran e Arabia Saudita. Provocando il mondo sciita, non solo Riad ha rovesciato quel tavolo (l’incontro di Ginevra slitterà quasi sicuramente) ma in più ha reso un favore a Daesh, la cui retorica e pratica si basa soprattutto sull’esasperazione delle divisioni politiche e confessionali tra sciiti e sunniti.

Non è un caso che la Coalizione Nazionale delle forze dell’opposizione e della rivoluzione siriana (principale rappresentante dei “ribelli moderati”) ha chiesto a tutti i Paesi arabi di tagliare i rapporti diplomatici con l’Iran seguendo l’esempio dell’Arabia Saudita, e che sulle prime pagine di tutto il mondo non si parla di lotta al terrorismo ma di "fitna" (scontro interno all'Islam).

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