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Cosa accadrà in Turchia? Sfuma il sogno presidenziale di Erdogan. Ma ora c'è il rischio instabilità

L'Akp è stato sconfitto. Ora è necessario formare un governo di coalizione. Il presidente Erdogan: "Nessuno può governare da solo. Serve responsabilità"

Cosa accadrà in Turchia? Sfuma il sogno presidenziale di Erdogan. Ma ora c'è il rischio instabilità

La Turchia ha rifilato uno schiaffone a Erdogan. Il partito del presidente, l'Akp, non ha più la maggioranza assoluta che aveva dal 2002. Si è fermato a 258 seggi (su 550), ottenendo il 40,8% dei voti (nel 2011 prese il 50%). Si apre la strada a un governo di coalizione. E la domanda che già tutti si fanno, ovviamente, è questa: chi ne farà parte? Vediamo come sono distribuite le altre forze in parlamento: il primo partito dell’opposizione, il Chp del socialdemocratico Kemal Kilicdaroglu, ottiene il 25,05% e 132 seggi, i nazionalisti del Mhp di Devlet Bahceli il 16,36% e 81 deputati. L’Hdp di Demirtas, fondato nel 2014 ispirandosi alle idee della rivolta di Gezi Park, ha superato ampiamente la soglia di sbarramento del 10% e con il 13% dei voti ha conquistato ben 79 seggi. Alta l'affluenza alle urne (l’86,49%). Il mercato finanziario ha reagito male, di fronte a una situazione di instabilità: la lira turca ha perso il 5% del proprio valore sul dollaro e la borsa di Istanbul ha aperto con un tonfo dell’8,2%.

Ad Ankara si aprono le trattative. Con molta probabilità il presidente Erdogan darà l'incarico di tentare di formare un governo a una personalità dell’Akp, il partito che ha ottenuto più voti. Ed è probabile che questi tenti un'alleanza con i nazionalisti del Mhp. Anche se bisogna ricordare che prima del voto tutti i partiti di opposizione avevano escluso una possibile coalizione con l’Akp.

Il dirigente del Chp a Istanbul, Murat Katayalcin, la scorsa notte ha chiesto a Erdogan di dare l’incarico al leader del suo partito, Kemal Kilicdaroglu. Insieme i tre partiti di opposizione hanno 292 seggi su 550. In teoria sufficienti a mandare a casa l'Akp, visto che l'asticella per formare il governo è fissata a 276 deputati. Il problema, però, è che Mhp e Hdp sono agli antipodi su un tema cruciale per il Paese, il processo di pace in Kurdistan.

Potrebbe aprirsi, dunque, uno scenario diverso: un governo Akp di minoranza, fino alle elezioni anticipate che Erdogan potrebbe convocare entro un anno.

La stampa di opposizione esulta e saluta la vittoria della democrazia sull’autoritarismo. Taraf scrive che gli elettori hanno bloccato il tentativo di Erdogan di trasformare il paese in una "dittatura" (Erdogan aveva chiesto un'ampia maggioranza per cambiare la Costituzione e dare vita a una repubblica presidenziale). Cumhuriyet, rivolto a Erdogan, titola in prima pagina "Eccoti la Nuova Turchia", mentre Zaman scrive che i turchi "hanno detto basta!" al "sultano". Tutte cose vere. Erdogan ha perso. Però ora bisogna formare un governo.

I due vice premier dell'Akp si sono espressi a favore di una coalizione con una o più altre forze, definendola come un’opzione migliore rispetto al ritorno al voto. Si tratta, come scrive l’agenzia ufficiale Anadolu, di Bulent Arinc e Numan Kurtulmus.
Arinc ha detto che le elezioni hanno comunque decretato il "successo" dell’Akp e ha spiegato il risultato positivo ottenuto dai curdi dell’Hdp, che hanno superato la soglia di sbarramento del 10%, con la campagna portata avanti dagli altri partiti di opposizione volta a "fare fuori" l’Akp. Rivolgendosi quindi a tutti i partiti del nuovo parlamento, quindi anche il kemalista Chp e il nazionalista Mhp, oltre all’Hdp, Arinc ha chiesto di impegnarsi a formare un governo di coalizione con l’Akp, "se possono".
Kurtulmus ha ribadito che la coalizione è l’opzione migliore tra quelle sul tavolo, mentre nuove elezioni sono improbabili. I messaggi dei due vice premier arrivano mentre è in corso una riunione tra il primo ministro Ahmet Davutoglu e il direttivo dell’Akp. "Discuteremo del risultato delle elezioni - ha spiegato il vice premier Yalcin Akdogan - e valuteremo nel modo migliore il messaggio degli elettori".

Anche Erdogan si è fatto sentire. Il presidente invita i partiti politici della Turchia ad agire con "responsabilità" per mantenere la "stabilità" nel Paese: "In questo nuovo processo, è di fondamentale importanza per tutti i partiti politici agire con la necessaria sensibilità e adottando un atteggiamento responsabile per conservare l’atmosfera di stabilità e di fiducia e le nostre conquiste democratiche". Nel comunicato che ha diffuso il Capo dello Stato ha preso atto dei risultati e ha chiesto la formazione di un governo di coalizione: "I risultati di oggi non danno l’opportunità ad alcun partito di formare un governo da solo". Estremamente facile, a parole, come soluzione. La realtà, però, è molto più complicata.

Se le varie opzioni per la formazione di un governo dovessero sfumare entro 45 giorni dalla proclamazione dei risultati la Costituzione prevede il ritorno alle urne.

Uno scenario a cui, al momento, nessuno vuole pensare.

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