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Cosa succede se Hillary Clinton si ritira: ecco le ipotesi possibili

Nel caso in cui il malore di Hillary Clinton dovesse dimostrarsi più grave del previsto, sino al ritiro della candidatura, di aprono diversi scenari. dalla sostituzione in corsa (ma chi decide?) all'ipotesi più estrema: il rinvio del voto

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Una cosa è certa: Hillary Clinton non sta bene. Anche se lei assicura che è tutto ok, che si è ripresa dal malore che l'ha colta durante la cerimonia di commemorazione per l'11 Settembre. Dal suo staff dicono che non ci sono problemi. In realtà qualche problema c'è. Alla candidata democratica venerdi scorso è stata diagnosticata una polmonite. Come ha spiegato la dottoressa Lisa Bardack "ha avuto una tosse legata alle allergie. Venerdì scorso durante un controllo per il trascinarsi della tosse, le è stata diagnosticata la polmonite ed è stata messa sotto antibiotici". Inoltre le è stato "consigliato di riposare e modificare il suo programma. All'evento di questa mattina ha avuto un colpo di calore. Ora si è reidratata e sta recuperando bene". A un mese e mezzo dalle elezioni, con una campagna elettorale giunta all'apice e tre confronti in diretta tv già in programma (26 settembre, 9 e 19 ottobre), i democratici americani tengono il fiato sospeso. Che succederà se Hillary non ce la fa?

Tecnicamente è lei la candidata ufficiale del partito dell'Asinello, così come ha deciso a luglio la Convention di Philadelphia. Se però non ce la dovesse fare, se le sue condizioni di salute dovessero improvvisamente aggravarsi, impedendole si correre per la Casa Bianca, come andrebbero le cose? A decidere sarebbe il Dnc (Democratic National Convention), formato dai delegati del partito. A questo organismo spetta, per statuto, l'ultima parola. Le ipotesi sono due: o si opta per il secondo arrivato nella corsa delle primarie (Bernie Sanders), oppure si valutano altre candidature. Non c'è una regola che imponga la prima soluzione, ogni ipotesi, dunque, resta aperta.

Nella storia americana un caso del genere non si è mai verificato. Vi sono solo due "precedenti" di ritiro dalla corsa, che riguardano, però, candidati vicepresidenti: nel 1912 e nel 1972.

Ma vediamo ora quali personalità del partito potrebbero correre al posto di Hillary, se l'ex segretaria di Stato non dovesse farcela a recuperare. Oltre al già citato Sanders c'è l'ipotesi Joe Biden, vicepresidente di Obama. Già in passato si era parlato di una sua possibile candidatura alle primarie democratiche, poi sfumata. Cattolico, 73 anni, ottima dialettica (condita ogni tanto da alcune gaffe), Bien potrebbe essere assai efficace nei dibattti contro Trump. Un altro nome di cui si parla è John Kerry, attuale segretario di Stato. Settantadue anni, anche lui cattolico, nel 2004 sfidò George W. Bush. Per questo precedente negativo qualcuno storce la bocca, ma altri lo vedrebbero bene specie per la sua grandissima esperienza in politica estera.

C'è anche un'ipotesi estrema: il Congresso degli Stati Uniti posticipa la data delle elezioni. l'8 novembre gli americani voterebbero solo per il rinnovo della Camera e di un terzo del Senato, mentre la scelta del presidente sarebbe posticipata di alcune settimane. Al posto di Obama, che decadrà dal suo secondo mandato il prossimo 21 gennaio, provvisoriamente siederebbe lo speaker della Camera, il repubblicano Paul Ryan. Costituzione alla mano lo speaker è al secondo posto nella linea di successione presidenziale, dopo il vicepresidente e prima del presidente pro tempore del Senato.

Anche se questa linea di successione viene ritenuta incostituzionale da alcuni giuristi.

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