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La crisi cinese frena il lusso made in Italy

Ha sempre battuto la crisi ma questa volta anche l'inossidabile mondo del lusso rischia. Hong Kong in rivolta preoccupa il settore, che nell'ex colonia britannica realizza il 10% del suo fatturato mondiale. In nome della democrazia, da giorni i manifestanti occupano le vie principali della città, paralizzando non solo la zona di Central, cuore finanziario di Hong Kong, ma anche altri quartieri, come Kowloon, zona di forte richiamo turistico e animato, fino a ieri, dalle luci dei centri commerciali dello shopping di lusso. Ora molti di quei negozi sono chiusi, proprio in un periodo molto importante per lo shopping della città-Stato: la coincidenza con la Festa nazionale cinese del primo ottobre e l'inizio del mese di ottobre, secondo solo alle festività di fine anno quanto a volumi di vendite, potrebbero infatti amplificare le conseguenze negative. Nelle boutique ancora aperte le vendite sono diminuite del 30 o anche del 40 per cento.

Anche i contatti con l'estero sono ridotti al minimo: addirittura,il colosso francese della cosmetica L'Oreal ha deciso di sospendere, almeno fino al 6 ottobre, i viaggi d'affari dei suoi dipendenti verso la filiale di Hong Kong.

Gli operatori finanziari temono soprattutto per le aziende del lusso, le più esposte: «I contatti che abbiamo sul posto riferiscono di un contesto molto difficile per il commercio, i cinesi hanno smesso di venire e i compratori locali rimangono in attesa - commenta Luca Solca, analista di Exane BNP Paribas -. Un'escalation degli attuali disordini porterebbe ulteriore negatività per il settore». E c'è chi si spinge a evocare gli effetti devastanti del virus della Sars, nel 2003, che provocò un crollo senza precedenti nel mondo del lusso appena ripresosi dall'11 settembre. Molti analisti hanno già rivisto al ribasso le loro previsioni sul settore, già colpito dalla crisi in Crimea che ha bloccato lo shopping europeo dei turisti russi: quest'anno la crescita non supererà il 4%, contro l'8% dello scorso anno e il rotondo 10% del 2012.

I titoli del settore sono quindi «sorvegliati speciali» su tutti i listini d'Europa, ma soprattutto a Piazza Affari: l'Italia infatti genera un terzo del fatturato mondiale del lusso, stimato in 172 miliardi di dollari. E una buona fetta di quei miliardi è targata Hong Kong: «Non abbiamo dati precisi - aggiungono gli esperti - ma stimiamo che il fatturato generato nell'ex colonia britannica pesi circa il 7-8% del totale per Ferragamo e il 9-10% per Tod's. Minore l'esposizione per Moncler, stimata tra il 4% e il 5%, e ancora più bassa per Brunello Cucinelli». Tutti titoli sotto pressione da giorni, che ieri hanno concluso la seduta di Borsa in negativo: Salvatore Ferragamo ha lasciato sul terreno l'1,52%, Cucinelli ha perso l'1,51 per cento. Più contenuto il calo di Tod's (-0,89%): piatto Moncler.

E paga le tensioni internazionali anche Yoox, il numero uno delle vendite online di moda e design, che ha chiuso in calo del 2,48 per cento.

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