Barcellona sotto attacco

"Via dei ladri", la strage e la profezia di Enard

I personaggi del romanzo dello scrittore francese e le analogie con i killer della Rambla

"Via dei ladri", la strage e la profezia di Enard

Dire profetico è poco: come rare, illuminate volte accade con i romanzi, l’immaginazione precede i fatti di qualche anno e li annuncia, specie nelle motivazioni. I protagonisti di «Via dei ladri» (Rizzoli), scritto dal premio Gouncourt Mathias Enard nel 2012 e tradotto in Italia un paio di anni dopo, non solo rappresentano l’identikit quasi perfetto dei giovanissimi componenti della cellula terroristica coinvolta nella strage di Barcellona, ma danno conto di molti retroscena, prendendo le mosse dalla primavera araba in nord Africa. Lakhdar sta per compiere 17 anni, viene dal Marocco, Tangeri, ha alle spalle poca vita ma si sente già perduto e qualcuno gli dice che sta per trovare il suo scopo al mondo. È l’amico Bassam, «bella facciotta da povero, tonda con gli occhi piccoli», che va ogni giorno alla Moschea con il suo vecchio. Bassam passa il tempo a escogitare piani assurdi per emigrare clandestinamente mentre fissa lo Stretto di Gibilterra, davanti a «Tarifa l’irraggiungibile». Ma poi sarà Lakhdar a dare corpo ai loro «castelli in Spagna» e ad arrivare nei bassifondi di Barcellona: «Avevamo diciassette anni, ma la testa era quella di due dodicenni. Non eravamo molto svegli». Dopo tre mesi di esilio volontario disperato - seguito alla cacciata di casa per essere stato scoperto nudo con sua cugina Meryem - Lakhdar sente di non coltivare alcun pentimento, ma «Solo un odio sordo verso e una crescente diffidenza verso tutto ciò che è umano». E quando bussa alla porta di Bassam, riceve da quel «cospiratore sorridente» la proposta: c’è un posto dove potrà starsene tranquillo e si occuperanno di lui, perché son «gente diversa». Tutti barbuti, vestiti con rigorosi abiti scuri, ma simpatici e generosi: così li vede Lakhdar con gli occhi della giovinezza. E sulla targa in bronzo c’è scritto «Gruppo musulmano per la diffusione del pensiero coranico». Lo Sceicco Nouredine – che ha studiato teoria in Arabia Saudita e pratica in Pakistan e somiglia così tanto all’imam di Ripoll - lo giustifica per i peccati recenti e lo assume come libraio. Il Gruppo gli dà una stanza sul retro, un piccolo stipendio e lo riveste da capo a piedi come un nababbo: «Quando sono tornato era l’ora della preghiera del pomeriggio e me la sono smazzata. Ho fatto quattro prosternazioni dietro lo Sceicco Nouredine e mi è sembrata una cosa lunghissima». Dopo due anni però ci prende la mano: impara a smerciare sottobanco «L’Islam contro il complotto sionista» e alcuni pamphlet di Sayyid Qutb, cura la pagina Facebook del Gruppo, (felice perché così può avere accesso a Internet e ai siti porno), al pomeriggio fa amicizia con il bouquiniste di quartiere, «un libero pensatore di tendenza nasseriana», e la sera caracolla tra birrette e rimorchio delle straniere: «Era un paradiso. Accolto, mondato e istruito». Poi iniziano le proteste in Tunisia e il Gruppo impazzisce: dalle preghiere alle collette alle azioni «per i nostri fratelli arabi oppressi» il passo è breve. Il suo sereno tran tran di Lakhdar va a rotoli finché, bastone sotto il mantello, non viene coinvolto proprio in una spedizione punitiva contro il libraio infedele. La violenza lo sciocca e pieno di una «energia sovrumana, una rabbia potentissima» contro il Gruppo e il suo coetaneo Bassam che lo ha coinvolto nella lotta, parte per Barcellona. È pronto. Pronto a sostituire un bassifondo con un altro e poi a mescolarsi agli indignados catalani e alle acampadas di plaça Catalunya, a un passo da dove è avvenuto l’attentato jihadista: «Quello che mi ha spinto a mettermi nei panni di Lakdhar» disse cinque anni fa Enard, «sono i punti in comune tra la gioventù catalana e quella marocchina. Il fatto che oggi il destino dell’Europa sia inseparabile da quello del mondo arabo e che essi si mescolino. “Via dei ladri” riprende temi come guerra, terrorismo, violenza politica, ma in un altro contesto geografico».

Almeno fino a tre giorni fa.

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