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Documentario rivela: "Trump stava per essere ucciso in un attentato"

Tale minaccia all’incolumità del tycoon, ritenuta allora “altamente credibile”, sarebbe stata sventata grazie alla tempestiva reazione dell’United States Secret Service

Documentario rivela: "Trump stava per essere ucciso in un attentato"

Un documentario in questi giorni in onda negli Stati Uniti sostiene che il presidente Trump avrebbe corso il rischio di finire vittima di un attentato. L’assassinio sarebbe stato sventato pochi minuti prima dell’arrivo del tycoon a Manila, nel novembre dello scorso anno. Il tragico evento sarebbe stato scongiurato grazie alla tempestiva reazione dei Servizi di sicurezza Usa.

Un documentario realizzato recentemente dal National Geographic, intitolato United States Secret Service: On the Front Line, mira a fare luce su “una delle più credibili” minacce mai arrecate finora all’incolumità di Trump. Tale inchiesta si basa sulle testimonianze rese da alcuni agenti dei Servizi di sicurezza statunitensi, secondo le quali questi ultimi avrebbero impedito a un terrorista di uccidere il tycoon. Gli agenti interpellati affermano che, lo scorso novembre, mentre fervevano i preparativi per l’arrivo del presidente Usa nella capitale filippina, i Servizi di sicurezza di Washington avrebbero individuato, sull’account Twitter di un soggetto rimasto anonimo, un messaggio allarmante: “Trump sta arrivando a Manila: io sono già lì. Mi immolerò per la causa.” In base ai retroscena svelati dal documentario, sulla pagina Twitter del presunto attentatore campeggiavano diverse foto dei militanti dell’Isis, oltre a un’immagine di Lee Harvey Oswald, l’assassino di John Fitzgerald Kennedy. Gli agenti statunitensi avrebbero successivamente esaminato anche il profilo Instagram del sospettato e vi avrebbero trovato la foto di un libro dal titolo inequivocabile: Come uccidere: la storia completa del mestiere dell’assassino.

L’United States Secret Service, l’agenzia federale incaricata di proteggere i presidenti degli Stati Uniti, avrebbe dato allora immediatamente inizio, con l’aiuto della Polizia filippina, a un’imponente “caccia all’uomo”. Circa venti minuti prima dell’arrivo di Trump nella metropoli asiatica, il presunto affiliato all’Isis sarebbe stato rintracciato a Luneta Park, un’area verde situata a poche centinaia di metri dall’albergo che avrebbe dovuto ospitare il presidente Usa. Gli agenti americani, coadiuvati dai reparti speciali della Polizia filippina, avrebbero quindi tratto in arresto senza problemi il soggetto dalle simpatie jihadiste.

Uno dei funzionari dell’United States Secret Service intervistati dal National Geographic, Chad Ragan, ha dichiarato: “Alla vigilia del viaggio del presidente a Manila, la città era attraversata da imponenti cortei di protesta. Migliaia di persone si erano riversate nelle strade della capitale. La tensione era alle stelle. Abbiamo dovuto lavorare in un contesto estremamente caotico, ma, alla fine, anche in quella situazione problematica siamo riusciti a preservare l’incolumità del presidente Trump.”

Un altro inquilino della Casa Bianca scampato a un attentato durante una visita ufficiale a Manila è stato Bill Clinton. Nel 1996, infatti, sempre gli agenti dell’United States Secret Service avrebbero salvato la vita del politico democratico decidendo, all’ultimo secondo, di modificare il tragitto dell’auto presidenziale, evitando in questo modo che la vettura passasse sopra un tratto di strada imbottito di tritolo.

La pianificazione dell’attentato sarebbe stata in seguito attribuita a Osama bin Laden.

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