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E nel vicino Montenegro è sfida aperta

La scelta di adesione alla Nato divide i filo-occidentali dai filo-russi

E nel vicino Montenegro è sfida aperta

La pericolosa sfida fra Russia e Occidente non si gioca solo sul fronte siriano, in Ucraina e sulle frontiere baltiche, ma ben più vicino a casa nostra. Sull'altra sponda dell'Adriatico si sta consumando un braccio di ferro senza precedenti sull'ingresso del Montenegro nella Nato. Washington spinge per l'adesione nei primi mesi del 2017 e Mosca la bolla come l'ennesima mossa di «una nuova guerra fredda». Le elezioni parlamentari di domani saranno cruciali per il futuro del Montenegro, che oscilla fra scelta di campo euro atlantica e gli storici legami politici ed economici con la Russia.

Per la prima volta l'opposizione del Fronte democratico è apparentemente unita per disarcionare il premier quasi a vita del Montenegro, Milo Djukanovic. Il suo Partito democratico socialista (Pds) potrebbe ottenere più voti dei rivali, ma non la maggioranza. Il timore è che il risultato delle urne renda di fatto ingovernabile il Montenegro: secondo l'Istituto internazionale per gli studi sul Medio Oriente e sui Balcani di Lubiana un risultato incerto, assieme al braccio di ferro sulla Nato, rischia di provocare «una destabilizzazione del Montenegro e della regione».

Sembra assurdo per un piccolo Paese, affacciato come un perla sull'Adriatico, di soli 620mila abitanti. Il primo ministro Djukanovic ha giocato la carta del voto di domenica come un plebiscito a favore della Nato puntando il dito conto l'opposizione che guarda a Mosca. Al potere dal '91, con alterne vicende, è fortemente appoggiato dalla Casa Bianca.
La compagine anti Djukanovic può contare su Miodrag Lekic, ex ambasciatore di Belgrado a Roma e amico di lungo corso dell'Italia. L'opposizione chiede un referendum vero e proprio sulla Nato e punta a «decriminalizzare il Paese» dai tentacoli del primo ministro. Djukanovic e i suoi uomini sono stati più volte coinvolti in scandali di corruzione e rapporti più che ambigui con la criminalità organizzata pure con l'Italia.

In caso di referendum l'ingresso nella Nato rischia di venir stoppato dalla maggioranza serba della popolazione (42,88%), che non ha mai digerito l'indipendenza da Belgrado del 2006 e ancora prima i bombardamenti alleati per la liberazione del Kosovo.

Il percorso del Montenegro verso l'Alleanza atlantica è già tracciato e attende solo le ratifiche dei Paesi membri. Anche l'Italia è schierata in prima linea, nonostante la piccola ex repubblica jugoslava conti su un esercito di appena 2mila uomini. L'11 ottobre il capo di Stato maggiore della Difesa, generale Claudio Graziano, ha accolto a Roma il parigrado montenegrino, ammiraglio Dragan Samardzic. Nel comunicato ufficiale Graziano «si augura che il processo di adesione del Paese alla Nato e all'Ue possa concludersi nei tempi previsti».

I parlamentari russi hanno bollato fin da giugno l'adesione del Montenegro all'Alleanza: il Cremlino la considera un ennesimo ariete occidentale in una zona di influenza russa. Gli investimenti russi in Montenegro sono stati di 1,16 miliardi di euro dal 2005. Non solo: circa il 40% delle proprietà immobiliari è in mano ad imprenditori e oligarchi di Mosca.

Ogni anno 300mila russi non hanno bisogno del visto per trascorrere le vacanze sulle splendide coste montenegrine.

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