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Foreign fighter verso l'Europa: già rientrati mille combattenti

Secondo le prime stime ci sarebbe un flusso di combattenti di ritorno da Siria e Iraq. Tra disillusi e pentiti rimane il rischio terroristico e l’Ue prova a correre ai ripari

Foreign fighter verso l'Europa: già rientrati mille combattenti

La guerra in Siria è a un punto di svolta. Negli ultimi mesi l’Isis ha iniziato ad avere qualche battuta di arresto e questo si è fatto sentire soprattutto sulle prime linee. Il Califfato sta infatti perdendo diversi foreign fighters. A confermare il dato, una missiva del centro di intelligence Soufan Group.

Il grosso dell’esercito di al-Baghdadi è composto da combattenti provenienti dall’estero. L’Isis, e in generale la galassia fondamentalista che opera in tutto il Paese, ha saputo costruire una macchina di propaganda molto efficace sopratutto per necessità. Lo Stato Islamico, infatti, ha sempre faticato a reclutare le milizie locali. La forte repressione sulla popolazione, unita ai tentativi di arruolamento forzato di bambini soldato, hanno spinto i vertici dell’Isis a spingere sul richiamo dei combattenti esteri. Secondo un rapporto del Soufan Group, pubblicato nel dicembre del 2015, tra le file dell’Isis ci sarebbero circa 31mila combattenti.

Stando ad uno studio del governo americano i combattenti dello Stato Islamico arriverebbero da circa 120 paesi nel mondo, quasi il 72% di quelli che fanno parte dell’Onu. Nello specifico si stima che gli Stati del blocco occidentale abbiano “contribuito” con oltre 7000 combattenti. Considerando che dagli Usa e dal Canada non sono partite più di 300 persone, la gran parte proviene dall’Europa e proprio lì stanno tornando. Secondo il Soufan il tasso di rientri sarebbe di circa il 20-30%. Le motivazioni che stanno dietro a queste diserzioni sono le più varie e spesso riguardano scelte personali. Disillusione nei confronti dei vertici, paghe che non arrivano o che vengono tagliate del 50% e violenze oltre ogni limite. Secondo i ricercatori ci sarebbero stati 300 rientri in Gran Bretagna, 270 in Germania, 250 in Francia, uno dei paesi più a rischio, 50 in Danimarca, 40 in Olanda, 30 in Norvegia, 25 in Spagna, 20 in Finlandia e 13 in Svizzera. Questi “jihadisti pentiti” sono un gruppo quanto mai variegato. Tra di loro sono in aumento quelli bloccati dalle autorità turche poco prima di attraversare il confine con la Siria. Ma non è da escludere che all’interno di questo nuovo flusso si siano anche terroristi.

Foreign fighter di ritorno in marcia verso l’Europa

Se fino a qualche mese fa la sfida dei governo era quella di impedire le partenze e sgominare le cellule di reclutamento, oggi la nuova emergenza è quella di gestire quesi ritorni. Sul tavolo il tema più dibattuto: togliere o meno la cittadinanza a chi parte per la Siria e di conseguenza la possibilità di respingerlo in caso di rientro. Mentre la Francia non ha ancora varato la legge il parlamento svedese ha rigettato la proposta. A mettere una pezza al crescente pericolo potrebbe arrivare l’Unione Europea. Lo scorso 11 marzo il Consiglio europeo dei ministri della giustizia ha emanato una direttiva per chiedere al Parlamento europeo di inasprire le pene per reati legati al terrorismo. In particolare la direttiva chiede di considerare come reato i viaggi a fini terroristici, la loro organizzazione e il finanziamento, non solo, anche l’addestramento militare, in questo senso, verrebbe considerato come reato.

Resta da capire se il Parlamento riuscirà ad esprimersi in tempi brevi.

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