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Come si difenderebbero gli Usa da un missile della Corea del Nord

Gli Stati Uniti affidano la propria difesa al Ground-based Midcourse Defense: dal 1997 ad oggi, in 17 test reali, l’intercettore ha colpito il bersaglio soltanto nove volte

Come si difenderebbero gli Usa da un missile della Corea del Nord

Fin dagli anni ’90, gli Stati Uniti sviluppano un programma antimissile a livello nazionale con l’obiettivo di proteggere il territorio americano dagli arsenali nucleari minori realizzati dalla Corea del Nord e, potenzialmente, dall’Iran. Non è assolutamente concepito per contrastare quelle che sono definite come le forze strategiche stabilite, come Russia e Cina. Nella remota ipotesi che si verificasse uno scenario da giorno del giudizio, lanci multipli in First e Second strike di missili balistici intercontinentali equipaggiati con testate Marv, gli Stati Uniti non sarebbero in grado di difendere il territorio americano. Non esiste uno scudo di difesa antimissile in grado di azzerare una minaccia stratificata di proiezione lanciata da una potenza nucleare. Ed è un dato inconfutabile.

Le piattaforme ipersoniche, che entreranno in servizio tra 10/15 anni, riscriveranno il modo stesso di concepire una difesa antimissile. La rilevazione iniziale, il tracciamento e la soluzione di fuoco richiede comunque del tempo (parliamo sempre di secondi) che però potrebbero essere troppi considerando il regime ipersonico. Se venisse lanciato un attacco combinato tra missili tradizionali balistici ed ipersonici, anche la migliore difesa antimissile esistente non avrebbe scampo. La contromisura anti-balistica per le testate a rientro convenzionale è ben nota e si basa sul calcolo della traiettoria di discesa attraverso l'atmosfera delle testate multiple indipendenti. Il problema dell’elevata velocità di rientro è stata aggirata preventivamente, con l’impiego di missili intercettori progettati per distruggere le testate multiple indipendenti prima della loro fase di rilascio. La velocità ipersonica annulla tale fase critica, rientrando nell'atmosfera in planata ad altissima velocità ed avvicinandosi all’obiettivo con una traiettoria relativamente piatta.

Colpire un proiettile con un proiettile

Secondo un rapporto della Johns Hopkins University, di due anni fa, entro il 2020 la Corea del Nord potrebbe sviluppare fino a cento testate nucleari. Se cosi fosse e se Pyongyang riuscisse a sviluppare ICBM affidabili, la difesa missilistica americana dovrà essere pronta. Tuttavia, ancora oggi, il Ground-based Midcourse Defense è ritenuto un prototipo avanzato. Ed è un dato di fatto. Spieghiamo meglio.

La difesa missilistica statunitense è strutturata su una rete globale di sensori per individuare e tracciare qualsiasi lancio contro obiettivi americani. La copertura si basa su diversi siti sparsi per il mondo e nello spazio. La rete in orbita è composta dalle costellazioni del Defense Support Program e Space Based Infrared System. Il radar SBX-1 a banda X è solitamente rischierato a Pearl Harbor, nelle Hawaii. Diversi i radar di allerta precoce sono collocati in Alaska, Groenlandia, Gran Bretagna, Qatar, Taiwan e Giappone. La griglia di allerta su basa sui radar SPY-1 dei vettori Aegis sparsi nel globo. Tutti i dati sono gestiti dal sistema centrale di controllo presso la Schriever Air Force Base. Dal 2004, il territorio americano affida la sua difesa al sistema Ground-based Midcourse Defense, progettato per intercettare missili balistici a lungo raggio in entrata. I trentasei missili intercettori sono schierati a Fort Greeley, in Alaska e presso la Vandenberg Air Force Base, in California. L'ex presidente Barack Obama ha ordinato alla Missile Defense Agency di portare a 44 le postazioni GMD entro l’anno.

Gli intercettori si basano sull’Exoatmospheric Kill Vehicle, sistema cinetico di rilascio che utilizza i dati di orientamento e sensori di bordo per identificare e distruggere un missile in arrivo nello spazio. Gli intercettori a tre stadi sono progettati per distruggere i missili con l’energia cinetica da impatto. L’EKV non può considerarsi che un prototipo. Secondo i dati ufficiali, dal 1997 ad oggi, in 17 test reali, l’intercettore ha colpito il bersaglio soltanto nove volte. Anche le future prove di volo, circa 200 milioni di dollari a test, non riusciranno ad ottimizzare il sistema, considerando che perfino le componenti sono considerate sperimentali. Questo è il motivo per cui la Missile Defense Agency è alla ricerca di un nuovo EKV che possa incrementare l'affidabilità complessiva dell'architettura di difesa.

Lo scorso anno, in una testimonianza scritta consegnata alla Sottocommissione del Senato, il direttore della Missile Defense Agency, il vice ammiraglio James Syring, scrisse testualmente: "L’EKV dovrà essere ridisegnato e riprogettato con un sistema modulare, architettura aperta e interfacce comune per semplificare gli aggiornamenti futuri”.

La risposta dell’amministrazione Obama fu quella di aumentare il numero delle batterie di fuoco. In realtà avrebbe più senso evolvere un’architettura preesistente, se non fosse che gli undici anni trascorsi hanno reso il prototipo EKV non più in grado di affrontare le attuali minacce anche con corposi aggiornamenti. La Missile Defense Agency ha annunciato che la progettazione del nuovo EKV è in fase avanzata e che sarà utilizzato per apportare sostanziali modifiche al nuovo intercettore che volerà per i test nel 2020.

Se la Corea del Nord attaccasse gli Usa

La Missile Defense Agency, in risposta alle critiche, afferma che “il Ground-based Midcourse Defense si sta affinando per affrontare una minaccia ancora in via di sviluppo”. Tuttavia, è innegabile che dal ‘97 ad oggi, il sistema ha raggiunto una percentuale di successo poco superiore al 50%. Per aumentare le probabilità, secondo uno studio del Center for Strategic and International Studies, sarebbero necessari 80 intercettori terrestri entro il 2020, con ulteriori postazioni di fuoco nella East Coast. La Commissione Servizi Armati del Senato, sta per proporre un aumento di 28 intercettori da portare a cento entro il 2020.

Se le Corea del Nord riuscisse a produrre entro il 2020 cento testate nucleari ed imbarcarle in modo affidabile (escludiamo volutamente la tecnologia Mirv) e se, ragionando per assurdo, attaccasse gli Usa, il Pentagono ordinerebbe il lancio degli intercettori disponibili, due contro ogni missile. Numerose le variabili da considerare. A causa della curvatura terrestre, ad esempio, l’altitudine di intercettazione dipenderebbe dalla distanza del radar dal punto di lancio. Ticonderoga ed Arleigh Burke (ma soltanto quelli in posizione) sarebbero i primi a lanciare seguiti dagli intercettori del Ground-based Midcourse Defense. Il punto è quella probabilità di successo di poco superiore al 50%. Nessuno scudo di difesa al mondo potrebbe riuscire a debellare un attacco di saturazione, ma quest’ultimo non giungerebbe di sorpresa ne sfuggirebbe alla rete di allarme precoce. L’approccio verrebbe certamente rilevato sia dai radar a terra che dallo spazio. In alcun modo, un attacco preventivo della Corea del Nord potrebbe cogliere di sorpresa gli Stati Uniti e decapitare la linea di comando. In ogni caso, gli Stati Uniti hanno sempre in mare dai quattro agli otto sottomarini strategici in posizione di lancio a copertura di possibili obiettivi. Prima ancora che i missili entrassero nella griglia utile degli intercettori basati in Alaska e California, gli Stati Uniti lancerebbero migliaia di testate nucleari a rientro multiplo indipendente, cancellando per sempre la Corea del Nord dalla cartina geografica.

Ed anche questo è un dato inconfutabile.

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