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Germania, il ministro della Famiglia apre al burkini nelle scuole

Il ministro della Famiglia Franziska Giffey ha dichiarato che, pur non essendo favorevole al burkini, sarebbe una scelta pragmatica consentire alle studentesse musulmane di indossarlo, al fine di poter praticare i corsi di nuoto tenuti dalle scuole

Germania, il ministro della Famiglia apre al burkini nelle scuole

Mentre la questione migranti tiene alta la tensione tra la cancelliera Angela Merkel e il ministro dell'Interno Horst Seehofer, il governo tedesco sembra invece adottare segnali di distensione nei confronti degli immigrati che già vivono in Germania. In un evento pubblico organizzato domenica dal settimanale Die Zeit, il ministro della Famiglia Franziska Giffey ha infatti dichiarato che, pur non essendo favorevole al burkini - il costume da bagno integrale pensato per le donne di fede islamica - ritiene che il suo utilizzo per incentivare le ragazze musulmane a frequentare le lezioni di nuoto durante la scuola sia perfettamente giustificato, aggiungendo: "Per me insegnare una tecnica di sopravvivenza è più importante del sapere quale costume da bagno indossa una persona". Affermazioni che cercano di stemperare le polemiche sollevate qualche giorno fa, quando secondo il quotidiano Westdeutsche Allgemeine Zeitung una scuola secondaria della città di Herne, nello stato federale della Renania Settentrionale-Vestfalia, ha acquistato tramite donazioni private una ventina di burkini per alcune alunne musulmane, le quali si rifiutavano di frequentare le lezioni di nuoto in cui erano presenti anche dei ragazzi.

La Giffey, membro del governo Merkel in quota Spd e dal 2015 al 2018 sindaco di Neukölln, uno dei quartieri di Berlino con la più alta concentrazione di immigrati, ha inoltre affermato: "La cosa fondamentale è garantire il benessere dei bambini, mettendo in primo piano la questione educativa ed evitando di dipingere questo episodio come la rovina dell'Occidente". Opinioni critiche a questa vicenda sono però subito arrivate da parte di politici locali e degli stessi colleghi di governo della Giffey. Il ministro dell'Agricoltura e vice segretario della Cdu Julia Klöckner ha infatti dichiarato: "Queste situazioni non fanno altro che cementare l'atteggiamento discriminatorio nei confronti delle donne, e lo fanno in quello stesso luogo in cui bambini e giovani dovrebbero imparare l'opposto e dovrebbero poter crescere e svilupparsi liberamente", mentre il vice ministro all'Integrazione della Renania Settentrionale-Vestfalia ha aggiunto che su questa faccenda è stato inviato il segnale sbagliato.

Ad appoggiare invece le parole del ministro della Famiglia è Aiman ​​Mazyek, presidente del Consiglio Centrale dei Musulmani in Germania, il quale intervistato dal Neue Osnabrücker Zeitung sostiene come gli pseudo dibattiti sul burkini distolgano l'attenzione dai problemi reali. Egli infatti afferma:"Il vero scandalo sono le piscine fatiscenti o chiuse, la mancanza di bagnini e gli studenti che non sanno nuotare correttamente o non lo sanno fare affatto. L'idea di consentire il burkini è un compromesso ragionevole e accettabile, ma il problema è che ogni volta che viene trovato un compromesso su questioni riguardanti i precetti religiosi o l'istruzione obbligatoria, i critici dell'islam gridano, ad una società già profondamente turbata dall'immigrazione, che dietro a tutto ciò si nasconde l'estremismo islamico" - aggiungendo infine - "Questa è una squallida cultura del dibattito che conduce solo all'incertezza e ad ulteriori divisioni nella società".

In passato il burkini è stato più volte oggetto di contesa tra i governi dei paesi europei e le comunità islamiche locali, specie in Germania e in Francia, dove sono numerosi gli immigrati provenienti dai paesi del Medio Oriente. Già da qualche anno infatti sono stati presi numerosi provvedimenti legislativi da parte delle autorità per mettere al bando il discusso capo d'abbigliamento, considerato espressione delle frange più estreme dell'islam politico. L'ex primo ministro francese Manuel Valls dichiarò infatti che: "Il burkini è la traduzione d'un progetto politico, di contro società fondata esplicitamente sull'asservimento della donna. Dietro l'apparenza morigerata di quel paramento da spiaggia si cela l'idea che per natura le donne siano impudiche ed impure e per questo debbano essere totalmente coperte". Di contro, l'inventrice del burkini Aheda Zanetti, stilista australiana di origini libanesi, difendeva la sua creazione descrivendola come uno strumento d'integrazione e affermando: "Il burkini è nato in Australia, all'interno dello stile di vita australiano. Si prefiggeva l'obiettivo d'integrare il mondo femminile islamico alla società australiana. L'intenzione era quella di uscire dagli steccati, musulmani, non musulmani e così via. Si tratta solo di farsi un bagno in mare.

Questo è tutto".

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