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Giappone, cresce la rabbia popolare contro la presenza militare Usa

I moti popolari antiamericani hanno subito ricevuto il sostegno delle istituzioni governative giapponesi

Giappone, cresce la rabbia popolare contro la presenza militare Usa

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In Giappone non si placano le proteste popolari, supportate dalle istituzioni locali, contro la presenza militare americana nel Paese.

Tali manifestazioni di insofferenza sono state innescate da reiterate violenze perpetrate dai soldati statunitensi ai danni dei civili nipponici. L’ultimo episodio di cronaca nera in cui risulterebbe coinvolto un membro delle forze armate di Washington consiste nell’accoltellamento di una donna giapponese, avvenuto nel sudovest della nazione asiatica e imputato dalle autorità del posto a un marinaio americano in servizio presso la base Usa di Okinawa.

Secondo quanto riporta Fox News, la vittima, ferita mortalmente in diverse parti del corpo, sarebbe stata rinvenuta recentemente dagli inquirenti nipponici all’interno di uno stabile situato in una cittadina poco distante dall’insediamento militare statunitense, il quale attualmente ospita quasi 30mila Marines.

La polizia locale, coadiuvata dal Naval Criminal Investigative Service (Ncis), ossia l’unità investigativa della Marina “a stelle e strisce”, ha quindi attribuito la paternità dell’omicidio a un marinaio della basa di Okinawa, sulla cui identità è stato mantenuto l’anonimato. Successivamente, gli inquirenti hanno però individuato, nella stessa cittadina in cui si è verificato l’accoltellamento, il corpo senza vita dello stesso presunto assassino americano.

Gli investigatori hanno allora subito ipotizzato un suicidio del sospettato, ma in seguito hanno comunicato ai media nipponici di volere proseguire le indagini sia sulla morte della donna sia su quella del suo presunto carnefice.

Nonostante l’amministrazione Trump abbia assicurato al governo di Tokyo, per bocca dell’ambasciatore statunitense in Giappone William Hagerty, massima collaborazione nello svolgimento degli accertamenti sulla dinamica dell’accoltellamento, gli abitanti del Paese orientale hanno iniziato a manifestare con sempre più forza contro la presenza militare Usa. Cortei di protesta hanno infatti cominciato ad attraversare le principali metropoli nipponiche al grido di “Fuori gli Americani dal Giappone”.

Tale slogan è stato coniato da Denny Tamaki, governatore della prefettura di Okinawa, il quale, contattato dall’agenzia Associated Press, ha bollato la presenza militare di Washington nell’ex “Impero del Sol levante” come un “affronto alla sovranità giapponese”. Egli ha poi accusato i soldati “a stelle e strisce” di avere compiuto negli ultimi anni, in totale impunità, “centinaia di abusi” ai danni della popolazione della nazione orientale.

L’astio dei manifestanti verso gli Usa ha ricevuto l’approvazione dell’esecutivo di Tokyo. Takeo Akiba, viceministro degli Esteri del governo Abe, ha infatti preso spunto dal fatto di sangue accaduto a Okinawa per tacciare di “insolenza” i Marines stanziati in Giappone.

Egli ha poi rimarcato l’impegno delle autorità nipponiche per conseguire al più presto un “disimpegno” americano dall’arcipelago asiatico.

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