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Human Rights Watch: "In Palestina vige regime del terrore"

Hamas e Al-Fatah hanno rigettato con sdegno le accuse avanzate dall’ong, dichiarandosi entrambe contrarie alla tortura e rispettose dello “Stato di diritto”

Human Rights Watch: "In Palestina vige regime del terrore"

Le istituzioni palestinesi sono state recentemente accusate da Human Rights Watch (Hrw) di commettere “gravi violazioni dei diritti umani”. Sia Hamas sia Al-Fatah sono state infatti biasimate dall’ong per avere instaurato, nei territori da esse controllate, un vero e proprio “regime del terrore”. Le violazioni dei diritti umani contestate alle due organizzazioni sono dettagliate in un dossier di 149 pagine pubblicato in questi giorni proprio da Hrw.

A Gaza e in Cisgiordania, territori amministrati rispettivamente da Hamas e da Al-Fatah, la libertà di opinione sarebbe “brutalmente calpestata”, in quanto ogni voce critica nei confronti delle autorità verrebbe zittita mediante “arresti arbitrari” e “torture”. Le due organizzazioni avrebbero infatti messo a punto un’“efficiente macchina della repressione”, progettata per punire giornalisti indipendenti, professori universitari e qualunque altro individuo “colpevole” di esprimere pacificamente il proprio dissenso nei riguardi delle politiche promosse da Hamas e da Al-Fatah. Secondo Hrw, centinaia di persone residenti a Gaza e in Cisgiordania verrebbero sottoposte, insieme ai rispettivi familiari, a “violenze” e a “trattamenti inumani”, anche per il solo fatto di avere in precedenza pubblicato su Facebook post contenenti critiche all’indirizzo dei governanti. Per le istituzioni palestinesi, infatti, persino un inoffensivo post sui social network costituirebbe un “atto sedizioso” e un “attentato all’autorità costituita”.

Il rapporto dell’ong fornisce numerosi dettagli circa le “pratiche disumane” promosse da Hamas e da Al-Fatah ai danni dei dissidenti. Dopo essere stati arrestati in assenza di qualsiasi ordine dell’autorità giudiziaria, i soggetti indiziati di “sedizione” verrebbero rinchiusi in celle estremamente piccole, caratterizzate da inadeguate condizioni igieniche. Successivamente, i detenuti verrebbero trasferiti nella “sala degli interrogatori” e lì avrebbero luogo le “torture”: pestaggi condotti con l’ausilio di pesanti bastoni, frustate, permanenza in posizioni scomode. I particolari di tali pratiche sono stati raccolti da Hrw interpellando 147 ex detenuti delle prigioni di Gaza e della Cisgiordania. L’associazione umanitaria ha quindi esortato la comunità internazionale a interrompere ogni finanziamento diretto alle autorità della Palestina, al fine di costringere queste ultime ad attenuare la repressione del dissenso. L’ong ha anche sollecitato l’apertura, da parte della Corte penale internazionale, di un procedimento a carico dei funzionari governativi colpevoli delle violazioni dei diritti umani.

Le istituzioni rappresentative dello Stato di Palestina hanno rigettato con forza le accuse avanzate da Hrw. Eyad al-Bozom, esponente di Hamas nonché portavoce del Ministero della Sicurezza pubblica di Gaza, ha affermato: “Noi rifiutiamo la tortura e ogni altra forma di violenza ai danni della popolazione carceraria. Le nostre leggi puniscono con estrema durezza chiunque venga riconosciuto, dopo un regolare processo, responsabile di trattamenti degradanti.” Anche Adnan al-Dmairi, ufficiale delle forze armate fedeli ad Abu Mazen, ha disconosciuto la validità dell’inchiesta condotta da Hrw. Egli ha definito “priva di fondamento” la tesi secondo la quale gli esponenti di Al-Fatah starebbero attuando una brutale repressione del dissenso in Cisgiordania: “Nei territori controllati dal governo Abu Mazen vige lo Stato di diritto. Gli arresti arbitrari e le torture sono vietati dalla legge e i diritti fondamentali della popolazione sono garantiti.

Ogni accusa di autoritarismo rivolta alle istituzioni della Cisgiordania è quindi completamente infondata.”

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