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Israele si oppone all'accordo di pace in Siria: "Così si favorisce l'Iran"

Tel Aviv teme un rafforzamento dell'Iran. E per la prima volta Usa, Russia e Israele si trovano in disaccordo

Israele si oppone all'accordo di pace in Siria: "Così si favorisce l'Iran"

Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, a margine dell’incontro con il presidente francese Emmanuel Macron, ha dichiarato ai giornalisti che il governo israeliano si oppone fermamente all’accordo sul cessate il fuoco in Siria concordato tra Donald Trump e Vladimir Putin e che ha ricevuto il placet di molti partner regionali. Un’opposizione che è stata chiarita anche durante l’incontro con il presidente francese. Secondo quanto riportato dal quotidiano israeliano Haaretz, che cita fonti delle forze armate di Tel Aviv, il motivo principale di questo rifiuto del governo agli accordi sarebbe da ricercare nel timore di Israele per l’eventuale rafforzamento dell’Iran e dell’alleato Hezbollah nelle aree confinanti con il territorio israeliano.

Dichiarando apertamente in pubblico la sua opposizione a una delle mosse più significative promosse dagli Stati Uniti e dalla Russia riguardo alla Siria negli ultimi mesi, Netanyahu ha reso pubblico per la prima volta il fatto che si è in presenza di un grande disaccordo tra Israele, Stati Uniti e Russia, due potenze, queste ultime, che fino ad ora erano sempre state dipinte come alleati del Paese. In particolare verso gli Stati Uniti, finora la presidenza Trump aveva dimostrato di essere sicuramente più legata alle politiche del governo di Tel Aviv rispetto alla precedente gestione Obama, e non c’erano mai stati attriti fra la Casa Bianca e Netanyahu, anche grazie alla presenza di Jared Kushner, consigliere di Trump nonché conoscente personale del Primo Ministro israeliano.

Il presidente Usa Donald Trump e la sua controparte russa Vladimir Putin hanno concordato il cessate il fuoco sul margine del vertice del G20 ad Amburgo la scorsa settimana. In un tweet pubblicato poco dopo l'entrata in vigore della tregua la scorsa settimana, Trump aveva scritto sul suo account di Twitter: “Abbiamo negoziato un cessate il fuoco in alcune parti della Siria che salverà molte vite. Ora è il momento di andare avanti per lavorare costruttivamente con la Russia!” Un tweet entusiasta che aveva dimostrato come tra il Cremlino e la Casa Bianca si fosse finalmente raggiunto un accordo sul conflitto siriano dopo mesi di stallo e di confronto anche molto duro fra le idee di Donald Trump e la gestione della guerra da parte del presidente Putin, impegnato da anni nella lotta allo Stato Islamico e nell’appoggio alle truppe di Assad.

L'accordo tra Stati Uniti e Russia prevedeva l'istituzione di zone di de-escalation, altrimenti denominate “safe zones”, lungo i confini della Siria con la Giordania e Israele. Aree in cui da tempo i movimenti militari di Damasco, dei ribelli islamisti, dell’aviazione israeliana e delle truppe della coalizione internazionale, stavano per far innescare una dinamica molto pericolosa che sembrava dovesse deflagrare in un conflitto aperto. Nell'ultimo mese, Israele aveva discusso di questo accordo con alcuni funzionari americani, tra i quali è importanti citare Brett McGurk, inviato speciale americano per la guerra contro l'Isis e Michael Ratney, inviato speciale per la Siria. Entrambi i funzionari hanno visitato più volte Israele negli ultimi mesi, facendo da tramite tra la Difesa israeliana e il Pentagono. Durante questi colloqui, Israele ha espresso diverse riserve sull'accordo emergente. In particolare, il problema restavano sempre le forze sciite nella regione, considerate il vero nemico di Israele nella guerra civile siriana.

Per il governo di Netanyahu, il fulcro degli accordi doveva essere quello di tenere lontani dalle zone di de-escalation sia gli iraniani, sia Hezbollah. Ipotesi che però contrasta con la realtà del campo, in cui le forze sciite combattono al fianco delle forze di Assad per sconfiggere gli islamisti ancora presenti in alcune sacche di resistenza. Proprio per questo motivo, pochi giorni prima che gli Stati Uniti e la Russia annunciassero l'accordo di cessate il fuoco per la Siria meridionale, Netanyahu ha telefonato a Tillerson e al presidente russo Vladimir Putin per ribadire le posizioni di Israele sull'accordo. All'inizio della riunione di governo del 9 luglio, Netanyahu aveva detto che sia Putin che Tillerson gli avevano confermato di comprendere la posizione di Israele e tenere conto delle sue esigenze, ma che questo non poteva destrutturare gli accordi che si erano appena faticosamente raggiunti.

La stabilità e il futuro della Siria, per la Russia e per gli Stati Uniti, rappresentano un obiettivo fondamentale, anche a costo di irritare Israele, che, soprattutto con i raid aerei contro le forze di Damasco, aveva rischiato fortemente di arrivare allo scontro diplomatico con Mosca.

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