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L'Europa condanna la Russia ma nessuno ferma il business

Molti interessi economici si nascondono dietro la linea dura contro Mosca dopo la strage del Boeing. E in ballo non c'è solo l'energia

L'Europa condanna la Russia ma nessuno ferma il business

«Un falso dibattito guidato da ipocriti». Il nodo delle nuove sanzioni che l'Unione europea deciderà di estendere contro oligarchi e aziende russe, dopo l'abbattimento del Boeing 777 della Malaysia Airlines, ha risvegliato l'orgoglio ferito dei socialisti francesi guidati da Jean Christophe Cambadélis. Sotto attacco per la vendita di due portaelicotteri classe Mistral a Mosca - un contratto da 1,2 miliardi di euro siglato nel 2008 da Sarkozy ma che Hollande ha voluto onorare - Parigi non ci sta a passare per la «colomba» amica dei russi e non vuole lasciare agli inglesi il ruolo dei «falchi» anti-Putin. Da giorni Londra preme ufficialmente perché si passi alla «fase 3», cioè perché si colpisca la Russia nel cuore delle sue transazioni economiche e finanziare per arrivare infine a uno stop sulla vendita di armi a Putin tramite un embargo. Il commissario europeo all'Energia Gunther Oettinger ha fatto intendere ieri che nuove misure saranno prese anche nel settore energetico, bloccando l'export di tecnologie europee necessarie ai russi per lo sfruttamento di petrolio e gas offshore nell'Artico. La motivazione? «Hanno fornito supporto materiale o finanziario alle autorità russe responsabili per l'annessione della Crimea o la destabilizzazione dell'Ucraina Orientale» oppure hanno semplicemente «beneficiato» di quelle decisioni. David Cameron è stato chiaro: «Dobbiamo mettere pressione su tutti i nostri partner per dire che non possiamo continuare a fare affari come nulla fosse» e ha definito «impensabile» in Gran Bretagna la vendita che Parigi ha concluso con Mosca. Eppure «continuare a fare affari con Mosca come se nulla fosse» è proprio quello che sta accadendo incessantemente a mezza Europa, Londra in primis , in barba alla crisi ucraina e pure alle 298 vittime del volo MH17.

È l'ipocrisia a cui fanno riferimento i francesi, risentiti dal colpo basso britannico. Un'ipocrisia svelata ieri dal report di quattro commissioni parlamentari bipartisan a Londra che, dati alla mano, hanno fatto cadere il velo sul primo ministro inglese. Se Cameron ha confermato lunedì in Aula che il suo governo ha adottato lo stop alla vendita di armi ai russi all'inizio della crisi in Crimea, a marzo, il rapporto parlamentare sull'export bellico del Regno Unito svela invece che in questi mesi è stato business as usual . Su un totale di 285 licenze di esportazione d'armi alla Russia, solo 34 sono state annullate. Il giro d'affari ancora in piedi è di almeno 165 milioni di euro, che comprendono la vendita di equipaggiamenti per il lancio e il controllo di missili, strumenti per le comunicazioni militari, munizioni e fucili, ma la cifra finale potrebbe essere molto più alta ed è comunque raddoppiata negli ultimi dodici mesi mentre apparentemente montava anche l'ira britannica nei confronti di Mosca.

Eppure quella della vendita delle armi non è l'unica ipocrisia imputata al premier Cameron e agli altri Paesi europei, tra cui la Germania, principale partner commerciale della Russia con 38 miliardi di import e 36 miliardi di export. I capitali degli oligarchi russi hanno rimpinguato le casse del Partito conservatore (circa 1,2 milioni di euro negli ultimi anni) e le tirate d'orecchio che Cameron fa a Hollande sembrano ancora meno opportune dopo che si è scoperto che la moglie del banchiere russo Vladimir Chernukhin, ex vice ministro delle Finanze di Putin, ha «comprato» per circa 200mila euro - si tratta di una «donazione» - una partita a tennis col premier inglese durante una raccolta fondi. D'altra parte gli «amichetti di Putin» a Londra - così li chiama il Telegraph - sono ormai un esercito e la mossa di banchieri e oligarchi russi, che nelle ultime ore pare abbiano già spostato capitali e conti fuori dal Regno Unito per via delle imminenti sanzioni, rischia di azzoppare l'economia inglese. E non solo quella.

Il nodo del business con Mosca è ormai una questione di tutta Europa. Mentre le salme di una quarantina dei 282 passeggeri sono arrivate ieri in Olanda, mentre continua il rimpallo di responsabilità sul disastro aereo in Ucraina e Kiev riferisce di due caccia abbattuti ieri da missili lanciati dal territorio russo, la questione di «punire» Mosca - anche boicottando i mondial di calcio del 2018 in Russia, come ha proposto il vicegruppo parlamentare della Cdu-Csu Michael Fuchs - sembra più un osso da dare in pasto all'opinione pubblica. Ci sono 6mila aziende tedesche che operano in Russia e una automobile su cinque prodotta in Germania è destinata al mercato russo. Mosca garantisce il 35 per cento del petrolio tedesco e il 42 per cento del gas e se decidesse di chiudere i rubinetti, la ripresa economica in Europa non sarebbe solo difficile, diventerebbe un miraggio. Poi ci sono gli olandesi, le principali vittime del disastro.

Nel 2013 la Russia è stata per l'Olanda il principale nuovo mercato nel settore export , tra fiori e prodotti agricoli. Sicuri che l'Europa riuscirà a «punire» Mosca?

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