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L'ex agente della Cia: "Politica estera disastrosa"

Dai rapporti con l'Ue alle Primavere arabe: tutti gli errori di Obama

Il presidente americano Barack Obama
Il presidente americano Barack Obama

Intervista fatta alla conferenza organizzata da Altius Society al Balliol College di Oxford a Mathew J. Burrows, direttore dell'Atlantic Council's Strategic Foresight Initiative al Brent Scowcroft Center on International Security. Nel 2007 è stato nominato counselor presso il National Intelligence Council (NIC) del governo degli Stati Uniti e nel 2010 direttore dell Analysis and Production Staff (APS). È stato il principale autore del Global Trends 2030: Alternative Worlds pubblicato dalla Nic.

Barrows è entrato nella CIA nel 1986 dove si è occupato, tra l'altro, dell'Europa dell'Est e dell'Unione Europea. Tra il 1999 ed il 2001 è stato assistente speciale dell'ambasciatore americano all'ONU Richard Holbrooke. Durante gli anni in cui ha lavorato alla Casa Bianca come analista previde la fine del mondo unipolare quando a Washington il tema era ancora un tabù.

Gli Stati Uniti hanno scelto negli ultimi anni una politica isolazionista. Perché?

"La maggioranza degli americani pensa che gli Stati Uniti siano stati per anni troppo coinvolti nelle problematiche internazionali. La maggior parte dei cittadini americani è convinta che la politica del paese in Iraq e Afghanistan sia stata disastrosa. Nonostante nei prossimi mesi bombarderemo ancora l'Iraq, a molti sembra che il nostro intervento negli ultimi anni abbia peggiorato la situazione. Anche in Egitto gli americani sono rimasti delusi dall'evoluzione della Primavera Araba. Non che io sia perfettamente d'accordo con queste analisi, ma la maggioranza la pensa così. Gli elettori pensano che sia ora di risolvere i problemi di politica nazionale e al massimo di concentrarsi sulle relazioni con l'Asia. Io penso che l'impegno americano sarà nei prossimi anni per lo più rivolto alla lotta al terrorismo, per esempio contro l'Isis, in quanto la memoria dell'11 settembre rimane ancora molto vivida nella mente degli americani".

Cosa ne pensa della trattativa con l'Iran sul nucleare?

"Il popolo iraniano ama profondamente gli Stati Uniti, ma altrettanto non si può dire del governo khomenista che ha fatto dell'anti americanismo la sua bandiera ideologica. Nonostante questo però nel ungo termine gli interessi dei due paesi, per esempio in Afghanistan, Siria e Iraq potrebbero coincidere."

Pensa che i due paesi si possano riavvicinare?

"Io penso che gli interessi dei due paesi possano avere punti di contatto, per esempio l'Isis rappresenta un vero problema per gli sciiti iracheni e credo che, anche se il governo iraniano non lo ammetterà mai ufficialmente, Teheran sia molto contenta dei bombardamenti americani. Tuttavia superare il muro che divide le due nazioni dal 1979 dipenderà dall'andamento della trattativa sulla politica nucleare iraniana. Io penso che non sarà una partita facile e che anche dopo un eventuale accordo ci vorrà del tempo per capire se sarà davvero rispettato. Nonostante questo devo però dire che nel lungo termine secondo me, ad un certo punto, i due paesi torneranno amici anche perché le due popolazioni hanno moltissimi punti di contatto".

Cosa ne pensa dell'Egitto del neo presidente Al Sisi? Sarà un paese stabile?

"Il Cairo sarà stabile solamente se il nuovo presidente sarà capace di risolvere la pessima situazione economica del paese e l'altissima disoccupazione. Io non sono molto ottimista, stanno prendendo delle misure, ma nel complesso non bastano. Gli egiziani stanno perdendo un enorme occasione perché il paese è pieno di gente con un'ottima cultura, ma non riesce a investire sull'istruzione e sul futuro. Per ora Al Sisi è riuscito a garantire la stabilità, ma se nei prossimi anni l'economia non andrà bene le forze rivoluzionarie democratiche che sono ancora presenti nel paese lo faranno cadere come hanno fatto con Mubarak. Inoltre il nuovo governo rischia di radicalizzare i Fratelli Musulmani".

Nel mondo islamico vi era tradizionalmente una certa libertà di interpretazione del Corano. Negli ultimi decenni una minoranza di fanatici ha incominciato a imporre la loro visione estremista della religione. Gli Stati Uniti hanno collaborazioni con le frange più tolleranti dell'Islam?

"Sarebbe molto difficile per gli Usa affrontare di petto l'ideologia fondamentalista dicendo che non rappresenta il vero Islam perché la narrattiva dalla altra parte sostiene che noi li sfruttiamo da un secolo almeno, quello che possiamo fare è fare venire i loro studenti negli Stati Uniti a studiare e vedere come si vive, così si distruggono le loro false opinioni. Devono accorgersi che il mondo va avanti con lo studio, con la scienza e l'apertura mentale, tutte cose, che loro per colpa del fondamentalismo, stanno perdendo".

Come vede il futuro della Cina?

"Io sono positivo sul futuro della Cina, la loro ascesa è incredibile ed era imprevedibile negli anni 80. È impressionante come siano riusciti in una tale impresa così velocemente. Penso che Pechino abbia ancora bisogno dell'America, hanno tantissimi studenti che studiano da noi, amano il paese e sanno che hanno biosgno di venire da noi per conoscere la tecnologia e portarla da loro. Sono convinti di dover riprendere il ruolo che hanno avuto per secoli nel mondo, vogliono essere innovativi come noi, pensano che gli Stati Uniti e il resto del mondo debbano considerare i loro interessi, ma non penso che arriveremo a un conflitto. Potrebbe accadere solamente per uno scontro casuale, ma non conviene a nessuno, loro hanno bisogno di un America stabile e noi non vogliamo scontri con loro anche perché non sapremmo come potrebbe finire. Inoltre sono davvero convinto che i cinesi amino l'America".

Gli Stati Uniti rimarranno i leader mondiali nella scienza e nell'innovazione?

"Io penso di si, è accora la destinazione di chi vuole studiare la scienza e investire, penso però che ci saranno altri centri in Asia perché in molti paesi c'è un immensa attenzione all'educazione, probabilmente i cinesi rimarranno nelle loro università che che nel tempo diventeranno ottime. Penso inoltre che ci sarà una collaborazione internazionale nel campo scientifico".

L'Unione Europea rimarrà un attore importante?

"L'Europa dovrà concentrarsi sulla crisi del welfare che oggi copre solo gli ultra cinquantenni mentre taglia fuori dal sistema le nuove generazioni. Dovrà inoltre risolvere la sempre crescente disoccupazione e il forte invecchiamento della popolazione. Inoltre sono fortemente preoccupato per lo scarso finanziamento del sistema universitario e scolastico in generale. L'istruzione e la ricerca scientifica sono settori vitali per il futuro, per altro se la gente non ha lavoro per molto tempo perde le sue competenze. Detto questo l'Europa ha ancora moltissimo da offrire al mondo e rimane nel suo complesso una area economica ricchissima".

Ha appena pubblicato un libro "the future, declassified: megatrends that will undo the world unless we take action", libro basato sulla sua esperienza alla casa bianca.

"Sì, si tratta di un appello agli americani a pensare al loro futuro in mondo più sistematico, vedere i rischi, ma anche le potenzialità. Il libro è uscito negli Stati Uniti e nel Regno Unito ed i diritti sono state comprati anche in Russia, Cina, Giappone e Corea del Sud. Si tratta di un lavoro diverso perché non è solamente, come in molti libri politici, un tentativo di capire come andrà il futuro, le incertezze e gli scenari probabili, ma contiene anche quattro storie in cui si immagina un mondo diverso che potrebbe accadere.

Non è' un lavoro semplice perché il futuro non sarà mai una proiezione lineare del presente".

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