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Libia nel caos, ora Tunisi teme il contagio

Libia nel caos, ora Tunisi teme il contagio

In un nuovo segnale allarmante per la Libia, ieri la vicina Tunisia ha chiuso il valico di confine. La decisione è arrivata quando migliaia di egiziani e lavoratori stranieri hanno tentato d'irrompere in territorio tunisino, benché senza visto, per sfuggire agli scontri sempre più intensi tra milizie a Tripoli. Da questo stesso valico di frontiera nel mezzo del deserto e non lontano dalle spiagge di Djerba, negli ultimi giorni sono passati migliaia di libici. Scappano dalle violenze che in queste ore stanno sconvolgendo la Libia, le più dure dalla caduta dell'ex presidente, Muammar Gheddafi, nel 2011.

Dai giorni dopo la rivoluzione e il conseguente conflitto che hanno fatto crollare il decennale regime del colonnello, le deboli nuove autorità politiche non sono state in grado di portare sotto il loro controllo quelle milizie che nei mesi estivi della campagna internazionale sono state alleate con la Nato. A Tripoli, da settimane, opposte milizie combattono per il controllo dell'aeroporto, dai giorni della caduta della città nelle mani del gruppo di Zintan, cittadina delle montagne dell'Ovest, regione montagnosa da cui è partita l'offensiva per la conquista della capitale libica. A contendere il controllo dell'aeroporto alle milizie di Zintan ci sono gli uomini armati di Misurata, porto costiero teatro di una delle più cruente battaglie dell'estate del 2011. Le brigate della città sono vicine a politici islamisti, che rappresentano la maggior parte dei deputati nel Parlamento nazionale ad interim, indeboliti però dalle elezioni di giugno. E proprio oggi dovrebbe insediarsi la nuova Camera dei Rappresentanti. Avrebbe dovuto farlo lunedì 4 agosto a Bengasi, invece i deputati si incontrano 500 chilometri a Est, a Tobruk, porto sulla via verso il confine egiziano. A Bengasi, infatti, vanno avanti come a Tripoli violenti combattimenti tra fazioni e giovedì gli islamisti di Ansar El Sharia, gruppo nella lista nera del terrorismo di Washington, all'origine dell'attacco al consolato americano del 2012, hanno dichiarato d'essere in controllo della città, ma sono stati smentiti dai militari regolari. Hanno comunque conquistato una base militare e nella battaglia sono stati danneggiati tre depositi petroliferi. Secondo alcuni analisti, all'origine degli scontri - che hanno portato diplomatici di molte nazioni a lasciare il Paese - c'è la reazione delle milizie islamiste alla campagna del controverso ex generale gheddafiano Khalifa Hiftar che pochi mesi fa, appoggiato da unità delle forze speciali dell'esercito regolare, ha ingaggiato una battaglia dai magri risultati contro gruppi armati islamisti.

Intrappolati nel fuoco incrociato, gli abitanti di Bengasi e Tripoli sono scesi in strada a protestare sia giovedì sia venerdì contro le milizie, la violenza e le fazioni armate.

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